(Dentro il racconto) Il ragazzo cronotopo

 


Questo Racconto è un fantasy  in chiave moderna. Un anime shōjo. Vi racconta la storia, se vogliamo il mistero, del bambino che poi è divenuto uomo, che sapeva smolecolizzarsi. Sparire. Il racconto in sé è molto adolescenziale e romantico. una favola della buona notte che vi viene a raccontare che tutto può essere, basta credere nei propri sogni. 

Perché Cronotopo? Dal sito una parola al giorno 

Termine coniato dal matematico H. Minkowski nel 1908 per descrivere uno spazio a quattro dimensioni (le 3 coordinate spaziali e il tempo); ripreso poi dal filosofo M. M. Bachtin per indicare l’unità di spazio e tempo nell’ambito di una narrazione. [In un conio indipendente ottocentesco di Vincenzo Gioberti, sempre in ambito filosofico, unità metafisica di spazio e tempo.]
ETIMOLOGIA composto delle parole greche chronos, ‘tempo’, e topos ‘luogo’.
Non sembra una parola molto amichevole, ma in realtà quando la conosci un po’ finisci per ritrovartela dappertutto. Le sue origini poi non potrebbero essere più illustri: nata dalla mente matematica di Minkowski, fu introdotta dal filosofo Bachtin nell’ambiente letterario, dove da allora felicemente risiede.
Ora, spiegare nel dettaglio cosa intendesse Minkowski per ‘cronotopo’ vorrebbe dire scomodare la teoria della relatività, e per una letterata non è proprio il caso. Mi limiterò quindi ai cronotopi di mia competenza, che in realtà hanno a loro volta una duplice sfumatura.
Un cronotopo può essere infatti la precisa unità di spazio-tempo in cui è ambientata una narrazione; per esempio il paesino di montagna tra gli anni ‘20 e ‘30 che è descritto da Silone in Fontamara. Oppure può essere un luogo in senso generico, che implicitamente si associa a una certa idea di tempo; per esempio la strada, che ricorda lo scorrere della vita, o la soglia, che suggerisce un passaggio fra epoche diverse.
In entrambi i casi comunque si tratta di un luogo in cui tempo e spazio sono tra loro fusi, formando – scrive Bachtin – «un tutto dotato di senso e di concretezza. Il tempo qui si fa denso e compatto e diventa artisticamente visibile; lo spazio si intensifica e si immette nel movimento del tempo, dell’intreccio, della storia».
Ciò significa essenzialmente due cose. Primo: i cronotopi non fanno tappezzeria. Sono parte integrante della caratterizzazione dei personaggi e degli sviluppi di trama, tanto che entrambi cambierebbero se spostati altrove. Secondo: un luogo diventa un cronotopo quando ha un valore simbolico.
Per esempio lo spazio di Fontamara dà corpo a un’esperienza ben precisa di temporalità: qui la vita, spiega Silone, sembra «racchiusa in un cerchio immobile, saldato dalla chiusa morsa delle montagne e dalle vicende del tempo. Saldato in un cerchio naturale, immutabile, come in una specie di ergastolo».
Il motivo per cui mi piacciono i cronotopi, tuttavia, è che non sono solo una curiosità per critici eruditi. Quando due sposini attraversano per la prima volta la soglia della loro nuova casa, sentono che non si tratta solo di un confine fisico ma anche temporale. Oppure, quando dopo anni ci capita di visitare un luogo della nostra infanzia, è chiaro per noi che il tempo passato è entrato a far parte di quei muri, in qualche modo si è solidificato.
In questi casi realizziamo che il tempo non è qualcosa di astratto: è la quarta dimensione dell’ambiente che abitiamo. Per questo la lingua umana è spontaneamente cronotopica, cioè mischia senza ritegno lo spazio col tempo; per esempio diciamo di aver “preso strade diverse”, o di essere “sulla soglia” di un cambiamento importante.
Non a caso Calvino ha scritto che le città sono “la forma del tempo”, forgiate dai desideri e dalle paure di chi le abita. E per questo stesso motivo, come ama spiegare Baricco nelle sue conferenze, gli uomini sono così affascinati dalle mappe: disegnare una mappa non è solo un atto funzionale a orientarsi, ma significa cercare di ritrarre la forma del proprio tempo, il senso di una vita e di un’epoca. In questo senso, possiamo dire, ognuno è il cartografo di se stesso, e ogni passo che facciamo nella vita è un tratto di penna sulla mappa che andiamo disegnando.
Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/cronotopo

 Quindi, il nostro Gianni viaggiava nello spaziotempo costretto suo malgrado da un impianto inserito quando era piccolo. Gianni stesso era un cronotopo di stesso a cui l'amore aveva dato un senso!

In verità, a parte il discorso dello spaziotempo che mi ha sempre interessato, il racconto me lo ha ispirato, molto banalmente un film, tratto dal un bestseller "La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo".

Il film parla della storia di Henry DeTamble è un librario che a causa di una rara malattia genetica si trova a viaggiare nel tempo tra passato e futuro. Il luogo e il tempo dei suoi viaggi straordinari sembrano dettati dal suo inconscio e il momento della partenza sembra essere legato a stati di stress. Clare Abshire è invece un'artista dalla vita tranquilla. Tra i due nascerà una storia d'amore apparentemente impossibile.

Il film completo su RaiPlay 




https://www.raiplay.it/programmi/unamoreallimprovviso


Questa è invece una serie tv sky Un amore senza tempo – The Time Traveler's Wife mescola in sei episodi romanticismo e fantascienza raccontando la storia d'amore di Clare e Henry il cui matrimonio ha un problema piuttosto particolare: lui, infatti, ha una condizione genetica che lo fa viaggiare nel tempo. Solo che questi viaggi sono totalmente al di fuori del suo controllo. Scopriamo così che le loro esistenze sono strettamente intrecciate da svariati anni, precisamente da quando lei era solo una bambina convinta di avere un amico immaginario dal futuro. Crescendo, però, Clare si rende conto della realtà della situazione, fino a capire che un giorno incontrerà quell’uomo e dovrà essere lei a farsi avanti, perché lui non la riconoscerà. Diventerà così la moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo, e il suo matrimonio con Henry sarà una vera e propria sfida…



L'Intro del mio racconto

Quando conobbe precisamente Anita Latino non avrebbe saputo dirlo, un giorno comparve nella sua vita e vi restò. 

Era tardi, il pomeriggio stava diventando sera, Anita correva verso casa quando lo vide, lì sotto il ciliegio, vicino al lampione, occhi bassi e uno sguardo triste, il più triste che Anita avesse mai visto dall'alto dei suoi dieci anni. Si avvicinò, non poteva far altro, qualcosa di lui la attraeva e quel suo dolore lo sentiva sulla pelle. 

«Che hai, perché piangi bambino?» Sorrise, come rasserenato dalla vista di Anita. 

«Mi sono perso.»

«Non puoi star qui, se viene buio poi, ti possono far del male» disse Anita. 

«Portami con te»

«Io? Papà non vuole che porti a casa animali figuriamoci bambini.» 

«Mi chiamo Gianni Gentileschi, piacere, ora mi conosci.»

«Piacere, io mi chiamo Anita Latino e abito qui di fronte.» 

«Anita Latino, vuoi diventare la mia mamma?» Disse con quel dolcissimo sguardo da bambino, il suo viso tondo e gli occhi grandi pieni di gioia. 

«Non posso Gianni, io non ho una mamma, quindi non so come ci si comporta in questo caso» rispose Anita pensierosa. 

«Io sì, ma l'ho persa, non riesco più a trovarla» rispose Gianni triste ed Anita alla vista dello sguardo sperso di Gianni disse: «Ma qui in cortile? Al parco di fronte?» Gianni scosse la testa desolato. Per rallegrarlo Anita disse: «Mi ricordo solo una cosa Gianni, il bacio che la mia mamma mi dava prima di dormire» Con il dito indicò la fronte, era tutta seria ed Gianni la guardava attento e affascinato e questo ad Anita piaceva alquanto. 

«Vieni su quella panchina» Gianni ubbidì. 

«Ora chiudi gli occhi»

Gianni ebbe un sussulto. 

«Io ho un potere Anita» 

«Quale Gianni Gentileschi?» Anita pensava scherzasse. 

«Se chiudo gli occhi, poi sparisco» 

«Ma dai» 

«È vero!» 

«Allora fammi vedere»

«Non sarò più capace di tornare da te poi…» Gianni sospirò e chiudendo le occhi disse: «Non ti scordare mai di me Anita»

Lei gli diede un bacio sulla fronte, come faceva la sua mamma in un raro ricordo, allora lui disse: «Grazie Anita» e si smaterializzò in un secondo. 

Gianni scomparve davanti a lei, davanti ai suoi occhi, che sulle prime applaudì, ma dopo, quando non lo vide tonare si alzò in piedi e guardando in cielo disse: «Allora era vero Gianni!»


Colonna sonora Cremonini Cesare 
L'uomo che viaggiava fra le stelle
 
Questa canzone non è triste è solo
Tristemente vera
Parla di quel che non esiste finché
La scienza non lo spiega
Sa come cadono le stelle che non
Ne cade mai nessuna
Che siamo pezzi di meteore o avventurieri di fortuna.

Ma dell'amore non sa niente,
Di me che tremavo di paura
E allora aprivo le finestre per vedere cosa c'era.
C'era la notte e le sue stelle e
Sul tuo viso era la luna,
Così ho capito che per sempre non
Avrei amato più nessuna...
Vieni con me, tu vieni con me...
L'uomo che viaggia fra le stelle
E ha camminato sulla luna
Giura amore e poi si pente chiede
Ai maghi la fortuna.
Fa collezione di conquiste, conosce
Il peso di una piuma,
è un pescatore di conchiglie poi
Gratta e perde la fortuna.

Ma dell'amore non sa niente, di me
Che tremavo di paura
E allora aprivo le finestre per vedere cosa c'era.
C'era la notte e le sue stelle,
E sul tuo viso era la luna
Così ho capito che per sempre
Non avrei amato più nessuna.

Vieni con me! Tu vieni con me...
Vieni con me! Tu vieni con me...


In alternativa

L'uomo che viaggiò nel tempo 
Murubutu featuring La Kattiveria


    
Sarà un viaggio molto lungo
Guardando le dita muoversi compose nuovi codici
Il moto degli occhi riflesso nel vetro spesso dei cronografi
Gli ultimi ritocchi alla capsula di vetro dentro
La sua macchina del tempo: la nuova scienza degli studi storici
L'avvio delle turbine alzò una nube di fogli sparsi e libri
Generò un tunnel di vortici, effigi di antichi miti
Lui deriso dalla accademie, dal loro via vài di dottorastri
Ora divelleva le teorie sul tempo di Einstein e tanti altri
Dopo le teorie sulle cronosfere, stringhe e quanti
Dimensioni parallele, buchi neri e ingerenze di altri campi
La sua teoria andava oltre ogni corpo, ogni wormhole
Quelle che per altri erano congetture, teorie pattume o solo calcoli
Sul contatore di ere ed ore apparvero le 9.00 del 4 Gennaio
Il primo viaggio sul vettore in quarzo, rame e acciaio
Scomparve in un attimo e poi fermo con il cuore in mano
Quello che vide sfidò ogni limes plausibile all'intelletto umano
Giudicato come ciarlatano, visionario, mago
Umiliato dai più, dequalificato del suo status di scienziato
Lo aveva urlato chiaro davanti ai dotti senza paura
Avrebbe portato ai loro occhi prove forti di una civiltà futura
Ore insonni avevano portato consigli nella notte buia
Aveva riempito plichi, sviluppato una nuova curvatura
Un nuovo modo per guardare al tempo come somma diretta
Saetta sull'onda, colonna non più retta
Come procedura azionò l'elica, la mente affetta dall'idea perfetta
Pronta a spostarsi sull'onda elettromagnetica
Ne aveva saldato ogni componente con perizia ascetica
E individuato il propellente in un reagente di acqua fredda
Viaggiava col tempo nel pugno sfidava l'oblio
Verso trentunesimo secolo senza il permesso di Dio
Un rumore acuto riempì gli spazi in fila dopo l'avvio
In tre istanti sparì dall'anno 2000 come in un balenio
E prese il volo, vide il vuoto, l'uomo solo sfida Cronos
E qual è il modo?
E qual è il nodo?
Tu pensa ancora, tu pensa ancora
E prese il volo, vide il vuoto, l'uomo solo sfida Cronos
E qual è il modo?
E qual è il logos?
Quando l'orizzonte si fece nitido aprì gli occhi incredulo
La pressione dell'acqua degli abissi premeva sopra il vetro tremulo
Ora se tutto il processo aveva avuto un seguito era passato un secolo
Ma quello che vide fu un mondo sommerso in uno scenario epico
Resti di strade, case, chiese, ruderi di grattacieli
Sommersi dalle acque, sventrati, attraversati da branchi di pesci
Montagne o colline trasformate in dorsali sottomarine
Cimiteri di ossa umane incastrate nelle barriere coralline
Nessuna traccia umana sulla piana dei grandi continenti subacquei
Solo ombre di squali bianchi, calamari, lotte fra granchi giganti
Nel buio luce poca, solo ombre fra i tanti esseri acquatici
Solo qualche luce fioca proveniva dalla bocca di certi cetacei
Solo allora puntando i fari capì che avvenne a terre e mari
I secondi s'erano ingoiati le prime come nell'Olocene
Dopo lo scioglimento dei vari ghiacci polari
Gli uomini sopravvissuti si erano adattati a vivere dentro alle balene
Avevano squame e scaglie sparse sulla superficie del corpo
Alcuni avevano arti come chele, altri tentacoli simili al polpo
Denti come rasoi, irti d'aculei, carapaci impenetrabili
Alcuni mutavano colore, altri emettevano lampi ed archi voltaici
Sottomessi i mansueti cetacei, muovevano guerra ai vicini
Nuotavano in ranghi stretti, branchi immensi negli abissi infiniti
Uno di questi allora lo vide e scoccò un dardo in corallo
Che viaggiò rapido conficcandosi nel quarzo dello scafo incrinandolo
L'acqua inondò l'abitacolo, il braccio spinse la leva inclinandola al massimo
In un lampo si ritrovò sano e salvo nel suo laboratorio sotterraneo
Si presentò al cospetto degli scettici completamente fradicio
Mostrando a riprova del viaggio lo strano strale in materiale organico
Osservarono increduli il manufatto, il volto sconvolto dello scienziato pazzo
Il corpo madido, lo sguardo torbido come in seguito ad un attacco di panico
Esausto, a chi chiese come fosse il futuro, rispose solenne
Il futuro non è per niente diverso dal nostro presente!
E prese il volo, vide il vuoto, l'uomo solo sfida Cronos
E qual è il modo?
E qual è il nodo?
Tu pensa ancora, tu pensa ancora
E prese il volo, vide il vuoto, l'uomo solo sfida Cronos
E qual è il modo?
E qual è il logos?

Fonte: Musixmatch
Compositori: Alessio Mariani
Testo di L'uomo che viaggiò nel tempo © The Saifam Group Srl

Murubutu - L'uomo che viaggiava nel vento e altri racconti di brezze e correnti 
(ALBUM COMPLETO)



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