Cinquanta tentativi di Bianco




Cari amici, io non ho nessunissimo problema con il mio bianco, del mio bianchissimo bucato. Ma con Bianco Lavatelli, il mio vetusto analogico martirio. Ma, porello, deve essersi consumato la trivellina perché non perfora più niente. Non cava nemmeno un ragno da un buco (anche se non è facile come dirlo stanare un ragno).
Ma, io sono un tappo stappato, un fiore di campo con la scritta strappami e sbattermi al muro, senza rompermi un’altra vertebra. Ah sì, è per quello che ho messo il busto. Ho un nervo della gamba tirato e un ematoma nel gluteo sinistro, ma basta parlare dei trofei di guerra passati).
Qui il problema si pone serio.
Non so cosa possa esser successo. Dopo aver letto la trilogia del Grey, di punto in bianco a Bianco ha smesso di funzionargli. Insomma, questi uomini non sono mai contenti. Ti appendi come un cotechino ad asciugare e dice che sulla scala ha paura di cadere e non gli viene. Lo bendi come un gheshio e mi sbaglia buco!! Screanzato!!! Come… come io dico!?? Come fa a scambiare l'ombelico per il monte di venere!?? Dice che si era perso nella pelliccia. Orbo di un uomo!
Prima di iniziare vorrei sottolineare che il mio uomo è sempre stato valente e d’azione. Lui ha personalmente seguito passo passo lo sbarco sulla luna seduta sulla sua poltrona arancione. La stessa su cui ha seguito come un vero naufrago tutte le edizioni dell’isola dei famosi e ancora prima quelle americane, che anche se non capiva una cippa di niente lui sapeva sempre come si apriva un cocco o si accendeva il fuoco con i sassi.
Ma, veniamo a noi… pur di dimostrare la mia buona fede vi elencherò i miei cinquanta tentativi atti a adescare il mio Bianco.

Ogni giorno vi incollerò in questa pagina un nuovo audio-tentativo!

 
Vigevano. Primo tentativo. La salamona
(Consiglio di quella sgalletata di Anastasia, futura moglie del Grey)
 
Seguendo l’Anastasia come primo tentativo mi feci legare come una bella salamona, ma siccome diciamo che non ero in linea, mi ero fatta istallare da Fefò-tutto fare-niente-realizzare due tiranti che mi avrebbero dovuta aiutare nell’azione. Solo che sto Fefò di origini mongole, una nazione un destino, ha sbagliato le altezze, così che mi ritrovai assisa come il Cristo e per venirmi vicino Bianco, brontolando a più non posso, in modo poco erotico, prese la scala. Ma, Bianco soffre le altezze, forse è anche per questo che sua mamma lo ha fatto basso; comunque, disse che arrampicato così aveva l’ansia, ma nello scendere i cinque miseri gradini inciampò nelle sue stesse ciabatte e si aggrappò a me con la conseguenza di fare due buchi nel soffitto. Poco male mi dissi, così potei seguire meglio le avventure della signora Celestina con il postino e Maria, la mia migliore amica non avrebbe dovuto più chiamarmi al telefono, le bastava stendersi sul pavimento della sua camera da letto per parlarmi.


Vigevano. Secondo tentativo: il bendage
(Consiglio dalla cassiera del super, anch’ella seguace del Grey)
 
Ok, farmi tirare non fu una buona idea, allora decisi di seguire il consiglio di quella brava ragazza del super di fronte casa, che mi aveva indirizzato al bendage. Ma, la cosa non promise bene fin dall’inizio, quando Bianco bendato, prima di arrivare al letto pestò il mignolo sullo stipite e subito dopo corse in bagno a piangere come un neonato. Poi il bad boy tornò e dal profumo del suo alito in bagno si deve aver sgargarizzato non so quale intruglio a base di alcool. Be’, per farla breve acchiappai il mio Mr. Magoo che mi vagava per la stanza come una pallina nel flipper e lo feci ancorare alle sponde del mio letto. E iniziò a tastare un po’ di qua e un po’ di là. Finché non brancò il mio ginocchio e in preda ad un amore folle iniziò a ravanarci su. Allora, io capisco di avere delle ginocchia toste e larghe, ma dopo un po’ lo sollevai per i capelli e lo feci risalire come un salmone stordito dalla corrente e lì boh si consumò la tragedia; nel senso che si perse e non tornò più al fronte! Disertore orbo! Ed inoltre cadere dal letto non gli giovò molto visto che aveva più le mani sul suo occhio ferito che su di me. 

 
Vigevano. Terzo tentativo: Il bendage inverso
(Consiglio basato sul libro del Grey alla mano, e da quella stordita della cassiera del super)
 
Forse fraintesi la cassiera del super, che ora capisco perché era ancora zitella, poverina, alla sua età… non capiva niente degli uomini è ovvio! Allora, lei disse che ad essere bendata dovevo essere io e non lui. Ma, la cosa non andò importo lo stesso perché forse frasi tipo: “Bianco non ti sento” “Bianco dove sei?” non lo aiutarono troppo. Infatti, perché dopo mezz’ora di questa litania mi svegliai dal torpore in cui caddi aspettando Bianco in azione e lo trovai in cucina che si mangiava pane e salame. Ah!! GRRR … poteva farlo anche a me, però!! Eh!



Vigevano. Quarto tentativo: Messaggi subliminali visivi
(Consiglio dalla postina, che ho sostituito alla cassiera del super come consigliera)
 
La postina spiegò, spietatamente, che Bianco non aveva più l’età per quelle cose, che andava guidato subdolamente con dei messaggi indiretti verso il traguardo. Quindi iniziai con piccoli messaggi subliminali, tipo post-it lasciati qua e là. Ma, manco li vedeva fisicamente, quindi iniziai con i poster e dopo poco con le sagome di cartone. Solo che succedeva che io li piazzavo e Valdho, il nostro filippino di sfiducia li spostava, perché il padrone non pagava se la casa non era ordinata come voleva lui. Quindi dove io mettevo, Valdho spostava e io dovevo rimettere. Ho desistito, alla fine, perché se no picchiavo Valdho dalla rabbia e non so come gli finiva. 
Vigevano. Quinto tentativo: Messaggi subliminali audio
(Sempre la postina)
 
Per la postina, giustamente, vista l’età di Bianco non andavano bene i messaggi visivi, ma quelli audio. Secondo lei, una vecchia tecnica era farglieli ascoltare mente dormiva. Tutt’altro che semplice da realizzare visto che il mio Bianco oltre il russo perforante aveva anche l’ossessione dei rumori da ladri. Come riuscisse a sentire i rumori oltre la barriera del suono del suo stesso russo non l’ho mai capito, ma intanto sentiva tutto e tutti, tranne che me, ovviamente! Ci riflettei un pomeriggio assieme a Maria e decidemmo che siccome né io né lei avevamo audiocassette o diavolerie moderne dovevamo iniziare con musica d’atmosfera. Appena Bianco chiuse gli occhi e iniziò il russo perforante misi la tv su di un canale porno a caso, e mi misi a letto pure io. Dopo una buona mezzora Bianco si grattò il panzone e mi disse: «Chiara Giovanna! Domani devi assolutamente parlare con Celestina che con sto postino stasera sta esagerando!! Mi pare di vivere un porno!»
«E quindi?» chiesi io eccitata.
«E quindi se penso a lei e il postino ho il ribrezzo.»
Sospirai e dissi: «Vado a parlarci…»
In realtà andai a spegnere la tv e tanti saluti. Ma, non mi arresi e decisi il giorno dopo di comprare le cuffie ed un mp3, e tramite il nipote di Maria decisi di registrare la mia voce suadente. La cosa si fece perniciosa e deludente quando il ragazzo, maleducatamente e per svariate volte mi fece registrare la mia sexy opera d’arte. Sul testo disse che ero una via di mezzo fra Tarantino e Burton, ma se a Bianco fosse piaciuto avrebbe potuto essere anche interessante. Sulla voce bha non gliene piaceva una di interpretazione. La prima? Troppo Hitleriana. Poi troppo da E.T. telefono casa, troppo da Jack lo squartatore, troppo da Badessa satanica, troppo… troppo… troppo… mi arrabbiai e presi la mia registrazione alla Jessica Rabbit con la voce di Roger Rabbit e andai a casa fiduciosa e un filino arrogante. La sera stessa mentre il russo perforante iniziò a fischiare il lancio imminente, gli mesi le cuffiette ed attesi. Ma, niente, finì che mi addormentai scontenta e al mio risveglio lui mi guardò male e le sue prime parole furono: «Chiara Giovanna perché hai strozzato Roger Rabbit?? Lo sai che era il mio preferito!! Ho fatto un incubo stanotte con la tua voce sempre nelle orecchie, che la meta bastava…»
Lo so che menare Bianco di primo mattino non favoriva l’amore, ma neanche sentire tutte quelle cattiverie lo alimentava. Tornai dal ragazzo, che ormai mi odiava, lo so, e presi in prestito la voce della sua ragazza, perché ormai ero consapevole che la mia non andava bene ARGH!!!! Solite modalità, pronti per la notte, cuffiette messe, anche se Bianco mi era ancora ostile ed ogni volta che mi avvicinavo si allontanava tanto da finire con il cadere dal letto. Poi lo vidi rilassarsi all’istante, ed ebbi un gemito di nervoso e di gelosia. Non potevo credere che quel brutto porco si eccitasse con la voce di un’altra. Pedofilo!! Stai calma Chiara Giovanna!!! Mi ripetevo, che era nel mio piano. Respirai lentamente e quando vidi che la mano viscida di Bianco-sporco-traditore si avvicinava a me ebbi un candido e genuino atto d’amore e gliela morsicai tanto che lui si alzò dal letto di colpo e io lo guardai ostile, gli strappai le cuffiette e gli diedi del porco e lo mandai a dormire sul divano. Ma insomma!!! Dopo anni di onorato matrimonio!! Sigh sigh ancora sigh!!! 
Vigevano. Sesto tentativo: Il dialetto o lingua del cuore 
(Tentativo consigliato dalla vigilessa amica della postina che non voleva portare via la macchina di Valdho dal mio vialetto perché non espressamente in divieto)
La vigilessa, mi disse, che la postina aveva ragione, e non era vero che non capiva un tubo di Bianco, ma per far capire a mio marito il punto dovevo parlargli nella lingua del cuore. Ovvero in dialetto. Sulle prime ero baldanzosa, ma a letto mi resi conto che io ero Lomellina e lui Palermitano e la messa in atto non era certo facile. Lui aveva già iniziato il suo fast e furious russo perforante quando gli chiesi: «Bianco com'è l'è che si dice in dialetto fai l'amore con tua moglie?» 
Lui smise il russo perforante e ne fece uno diverso e disse: «FÀAmmOreCoTuMogghiere.»
«SCANDISCI LE PAROLE NON CAPISCO…»
«SCUPA!»
«Non essere volgare» gli risposi, e poi corsi in bagno a registrarmi. 
Tornai e gli infilai l'auricolare all'orecchio con delicatezza, finché lui non mi disse in modo sgarbato: «Se mi spremi un altro brufolo mentre dormo ti spremo io sulle mie rose!! Ora dormi DONNA» 
ODIO TOTALE. ODIO TOTALE. 
ODIO TOTALE. 
MI VENDICHERÒ SU BIANCO APPROFFITANDO DI LUI SESSUALMENTE.ECCO!! 
Mi dissi io. 
Nel mentre lui si svegliò, e mi guardò e io lo guardai e poi mi disse: «Hai rotto di nuovo il Folletto? Lo sai quanto ci costa ripararlo QUEL CAVOLO DI ASPIRAPOLVERE?? LO VADO A PULIRE IO IL PAVIMENTO CON LA SCUPA!! E POI VEDRAI LA DIFFERENZA AH AH» 
Ad un certo punto gli risposi: «Passa pure la cera già che ci sei» Eh!!! 
Vigevano. Settimo e ottavo tentativo: Il sogno erotico e il travestimento 
(Terzo e quarto e ultimo consiglio della postina che si offese perché le dissi che manco lei capiva niente di Bianco)
Lasciati i messaggi subliminali, decisi tramite postina, di chiedere al mio Bianco se avesse qualche sogno erotico che volesse trasformare in realtà. Qualche personaggio erotico a cui pensava quando era all’apice. Lui tacque e dopo che un po' che ruminava la sua insalata rispose: «Gessica Fletcher» 
«Chi?» chiesi io «quella che quando compare lei scatta il morto d’ordinanza?»
Lui si fece rosso e sparecchiò e dopo se tornò dalle sue rose; che a pensarci bene si chiamavano Jess, Gessica, Sica, Nica, Jeje, Gesi. 
Mhmm … mormorai tra me e me, che non sapevo se fare una scenata di gelosia e fargli la rettoscopia con i rami delle sue schifose rose o usare l’informazione a mio vantaggio. Intanto capivo perché il sergente di Bianco fosse morto. Pensava a lei e adieu caporal maggiore! Colpa di quella perdaballe di una donna evidenziatore!! Purtroppo, il giallo non mi stava bene, il rosso alla Rabbit molto meglio, ma assieme a Maria mettemmo su tutto l’occorrente per assomigliare alla Gessica. A dire il vero mi sembravo più un limone umanizzato, ma per la Maria andavo benissimo. Ma, per rendere la scena più vera decidemmo che un paio di morti ci servivano sul luogo del crimine. Decisi di usare Valdho come primo cadavere, ma siccome e inaffidabile pure come cadavere, decisi pure per suo cugino Nico il potatore di siepi, come secondo cadavere. Infondo due erano meglio di uno. Circuì Valdho che non vedeva l’ora di stramazzare ai miei piedi e lo trascinai sul divano in soggiorno. Poi chiamai Nico e gli offrii il the con il sonnifero e nel mentre io bevevo il mio senza sonnifero aprì la porta Bianco che era indiavolato perché le sue rose in giardino erano state assassinate. Poi guardò Nico seduto con la testa sul tavolo e sbiancò, subito lo prese a sberle per rinvenirlo, ma lui se la ronfava che era un piacere. Bianco mi parve spaventato e poi guardò me; io mi alzai prontamente io e dissi: «Salve sono Gessica Fletcher» gli porsi la mano, ma lui paonazzo di rabbia, corse in soggiorno dove gridò alla vista di Valdho buttato per terra vicino al divano. Eh, niente! La signora in giallo portò male anche questa volta e andai a dormire da Maria che era meglio. La quale, invece di ascoltarmi, vedeva la tv e ogni due minuti mi diceva: «Shhhh!!!» Anche alle due di notte. 
Vigevano. Nono tentativo: La seduta spiritica 
(Ideato dalla Maria mentre vedevamo una televendita)
Siccome di quelle vere ho paura, decidemmo io la Maria, di idearne una finta nel nostro soggiorno. Secondo la Maria, donna più evoluta di me, se lo spirito di sua madre morta, gli avesse tessuto le lodi di sua moglie, la nottata amorosa sarebbe stata assicurata. Convinsi Bianco che avevo avuto un sogno premonitore che c’era bisogno di una seduta spiritica perché sua madre lo voleva salutare. Lui mammone fino nell’anima acconsentii subito. La Maria in gran segreto faceva le veci della vecchia defunta, solo che quella tontolona, non solo sbagliò a leggere quello che gli scrissi, lo lesse pure con la voce accatarrata dall’influenza, ad un certo punto scatarrò proprio a ripetizione per ben cinque minuti e dopo ricominciò con una voce impastata dall’asma. E non solo, a quel punto deve a aver fatto pure confusione e scambiò la mia parte scritta con il tema da laurea di suo nipote laureato in esoterismo. Da che stava parlando di sua moglie, cioè io, iniziò che con ogni cambio di luna dovrete sotterrare il cadavere e ogni tre dissotterrarlo. E lì giù di dettagli. Ed iniziò a tremare il tavolino, ma non fummo noi a farlo tremare fu Bianco che ci si era attaccato sopra e tremava tutto a iniziare dalle sue ginocchia. Il mio Bianco cuor di leone non era adatto per questo tipo di cose. E forse neppure io. 
Vigevano. Decimo tentativo: I gadget erotici 
(Documentati e presentati dalla commessa del sexy shop, pubblicizzato sulla linea del bus di linea)
A questo punto avrete capito che sono una donna dalla mente aperta, invece la commessa del sexy shop fu al quanto dispotica e sprezzante. Passi pensare a partito preso che io non sapessi che cos'è un vibratore ad anello, ma venirmi a dire che il lubrificante non era una pomata per le emorroidi è oltraggioso!!! Perché a che altro serve se non per fare la cacca meglio?? Ci siete cascati vero?? Ahahah certo che lo so. Li ho visti nascere questi bugigattoli di negozio. Una volta non c'era tutta questa l'elettronica e plastica e si andava più a fantasia, ma il concetto di erotismo lo avevamo pure noi, a modo nostro. Ma, gli anni passano e io mi ritrovai lì a scegliere giocattolini per il mio Bianco. Decisi di comprare un paio di mutande masticabili al sapore di ciliegia, un profumo di endorfine o una cosa simile da spruzzare ovunque e il lubrificante (hai visto mai che passavamo la prima fase). Quando stavo per arrivare a casa, mi fermai dalla figlia di Maria per far vedere gli acquisti alla Maria, che è lì da lei. Lei insistette nel voler odorare il profumo e così me lo spruzzai e poi volle vedere le mutande e me le misi e poi niente le dissi a Maria che non c'è trippa per gatti. Eccitata per il successo con Maria corsi a casa, ma non feci neanche una cinquantina di metri che tre cani e due gatti mi seguirono con occhi allupati. Mi agitai parecchio e iniziai a correre e loro dietro correvano appresso a me. Allora mi infilai dentro un negozio di articoli sportivi e non feci in tempo a voltarmi che il commesso venne verso di me tutto sorridente. Anche fin troppo. Mi sentii in un film tipo ai confini della realtà versione Tinto Brass. Il commesso mi chiese cosa desiderassi e io feci finta di guardare calzini, intanto con la coda degli occhi guardavo gli animali fuori: mi stavano aspettando, seduti come dei bravi cuccioli. Auto!! Mentre trafficavo per cercare il cellulare, si avvicinò il commesso, sempre di più... sempre di più... finché non gli tirai addosso una confezione di palline da tennis. Non lo colpirono e lui sorrise. Quanti anni avrà? Ventisette? Aveva i brufoli e la barba ed era mezzo stempiato. Indietreggio... arrivò un cliente ed io tentai la fuga, ma i cani appena mi avvicinai alla porta si alzarono anch'essi. Era ufficiale ero disperata!! Il cliente se ne andò e il commesso dai glutei mosci si avvicinò, aveva pure la pancetta e un sottile rivolo di saliva sul mento. Adesso basta! Fra poco iniziava Segreto e questo rutto della natura non mi poteva rapire così. E manco gli animali!! Avevo sedici minuti per tornare a casa e non c'era tempo da perdere!! Con un colpo veloce aprii la porta e alzai il mento e mi misi subito a correre verso il macellaio a tre negozio più in là. Ci arrivai ansante e con un brandello di vestito rotto, era stato rotto dalle piante di quella donnaccia della pasticcera, che da anni faceva la corte a Bianco. Una volta dal macellaio presi tre etti di trita scadente e una volta fuori la buttai lontano e i cani ci cascarono mentre io correvo a casa. Caddi! E te pareva! I cani mi raggiunsero e iniziarono a leccarmi ed annusarmi tutta ed io gridai e cani mi abbaiarono addosso. Mi partii il tombolo della disperazione guardando l'orologio: Meno di un minuto!! A quel punto mi cadde la borsa dalle mani e si spaccò il profumo. Loro indietreggiano, allora tirai il sacchetto con il profumo rotto e le mutande su di un camioncino aperto e loro dietro a quel camioncino ed io zoppicante, sudata e con il mal di schiena mi avviai a casa. Bianco mi si avvicinò e fece per abbracciarmi quando mi disse: «Ma che è successo? Oggi non lo fanno Segreto ci sono le elezioni» Mentre guardava i miei acquisti disse: «Ma, sta crema va bene per le emorroidi?» Andai in camera mia. Non sono una che piange, ma che uccide sì, e forse quel giorno era uno di quei giorni.
Vigevano. Undicesimo tentativo: La sottomissione 
(Consigliato dal farmacista buzzicone amico di mio marito)
Una cosa giusta me la disse quel buzzicone del farmacista. Mi disse: fai la sottomessa. Che nel suo gergo significava: volare basso e stare serena! Serena un corno rimbambito! Io non ero nata per essere serena, io mi chiamavo Chiara Giovanna!!! Ma, si sa che gli uomini sono anime semplici, quindi avrei dovuto fare la geisha sottomessa affinché lui avesse voluto ciò che io volevo. 
Iniziai subito quel mattino con «Amore vuoi del caffè??» al posto di «te lo sei bevuto tutto egoista che sei, tutto tuo madre! Bestia!» 
Una passeggiata di salute. Solo che lui mi guardava strano quasi intimorito. Era solo questione di tempo!! A pranzo continuai la messinscena e lui passato lo scetticismo iniziale e vista la situazione, vide bene di approfittarsene all'ennesima potenza. Organizzò una bisca clandestina nel nostro onoratissimo salotto. Io invece di sputargli in un occhio acconsentii e andai in camera a prendere un po' di psicofarmaci. Notare che il rimba-farmacista gli psicofarmaci per me gli aveva sganciati come caramelle, dopo che gli avevo accennato i miei problemi. Impasticcata preparai la casa per il dopo cena, chiudendo a chiave tutte le stanze tranne il bagno, misi tutte le cose di valore in cassaforte. Sperai che dopo quella pagliacciata sarebbe stato più magnanimo con me. Infatti, il furfante era di buon umore, baci e abbracci tutto il pomeriggio. Io un po' meno perché me lo sentivo che sarebbe successo qualcosa di storto. Dopo cena i delinquenti del caso, si insediarono nel soggiorno e tirarono fuori subito alcool e sigari. Lo sapeva solo Dio cosa mi trattenne dal non andare a prendere il revolver del nonno e fare piazza pulita.
Mi venne un’idea e andai a mettermi in camicia da notte per far capire loro che ora che se ne andassero. L'unico risultato fu che ricevetti una bella pacca sul sedere da parte di Bianco e una strizzata d'occhio dal piastrellista Domenico. Mi misi in stanza ad aspettare e mi addormentai. Al risveglio trovai uno dei ragazzi che dormiva con le scarpe sul mio divano di pelle, il farmacista che cerca di pulire il whisky dal tappeto persiano. La goccia che fece travasare la mia bile fu la tavoletta del wc tutta sporca delle loro urine. Presi la pistola del nonno e andai in soggiorno a sparare un colpo. Occhi rossi e vestaglia messa alla meno peggio, mi scese persino la bava dalla rabbia. Scapparono tutti all'istante. Bianco tremava come una foglia, ma poi si ricompose in camera e venne vicino a me che puzzante di whisky e sigari e con quella faccia da... GRRRR!!! Ci tentò a onor del vero, ci tentò, ma per una volta fu lui ad andare in bianco. E perché sì, quando era troppo era troppo!! E poi quando finimmo di pulire il soggiorno eravamo troppo stanchi sia per litigare sia far l'amore. 
Vigevano. Dodicesimo tentativo: Le lettere infuocate 
(Idea presa in prestito dalla copertina di un libro: la lettera scarlatta)
Dopo la bisca mi ci volle tre giorni affinché mi sbollisse la rabbia. Sì, insomma il tempo esatto che Bianco ritornasse Bianco. La bramosia dei miei desideri ricominciò a farsi avanti e al Super vidi un libro che mi colpì. Il titolo era la lettera scarlatta, ma né la storia o il titolo mi interessarono, era la copertina! Quella A infuoca mi fa fece venire in mente che anche io potevo scrivere a Bianco lettere infuocate d'amore. Da quel che vedevo in giro e sento nel virtuale basta poco per mandare su di giri qualcuno. Io lo avrei fatto con Bianco. Certo, ideare e raccontare era un conto, farlo era un altro. Vi anticipo che io non avevo mai scritto lettere d'amore e meno che mai infuocate. Pensavo bastasse la fantasia... ma, forse ci voleva anche una dose di psicologia, ed una di saperlo realmente fare. Ebbene, composi la mia lettera e gliela misi nel cuscino al mio posto. Andai prima da Maria e poi dall'estetista. Orgogliosa di me. Un po' emozionata e un po' imbarazzata varcai la soglia di casa e mi trovai Bianco, occhiali sul tavolo, in uno stato agitato. Appena mi vide mi abbracciò e mi disse che dopo aver trovato la lettera si era preoccupato. 
«Eh di che??» chiesi sorridente. 
«Del serial killer!» rispose lui, e tirò fuori la mia lettera. 
Lesse... ti leccherei tutti i tuoi pochi capelli e bacerei perfino le pupille dei tuoi occhi. Mi farei una trasfusione con il tuo sangue solo per averti con me per tutta la vita. Alla tua morte ti brucerò e porterò le tue ceneri con me e ogni tanto me le metterò nelle labbra... 
Deglutii... uhm... allora... mentre la leggeva la Maria era un filo differente. Era lui che la lesse male intendiamoci!! Non poteva essere così... 
«Oh mio Dio basta...» gridai. 
«L'ho detto pure io!»
«Ah sì??» Grrr! 
«È la pasticcera Amore!! Avevi ragione tu!!» disse. 
«Ah! E tu che metti sempre in dubbio le mie parole» 
«Ci vuole fare fuori... mi brama... in modo... inquietante»
«Non esagerare...» dissi infastidita. 
Adesso questo qua!! Ma vi pare??? Due frasucce d'amore... e già sei una porno-stalker. 
Mi sa che con l'età si sta rimbambendo. Mi spiace dirlo, ma è così. 
«Bianco...» intervenni io, ma lui si alzò e aprì al più bel poliziotto mai visto. 
Alto MUSCOLOSO, belle scarpe. Mi sciolsi come un formaggino nel brodo e iniziai a buttare fango sulla pasticcera Mariarosaria. Eh sì, abbiamo bisogno di protezione. Proprio tanta. Ma, malasorte volle che Mariarosaria non fosse in paese e che io mi fossi firmata nella lettera. Non me lo ricordavo. Solo che l'accecato di mio marito manco conosceva la mia scrittura. Demente. 
Il bel poliziotto fece un sorriso capendo la situazione ed io ero tutta un tremulo di accondiscendenza pietosa e un sorriso di risposta. 
«Caso chiuso» disse, in un italiano perfetto. Io continuavo ad inchinarmi melliflua, ancora un po' che mi contorcevo le mani mi facevano interdire. Sembravo Montgomery Burns quando dice di nascosto a Smithers "Libera i cani!". Solo un po' più grassa e…"appassionata". 
Sentivo gli occhi di mio marito addosso. Non ero lo sguardo geloso-barra-virile ero lo sguardo si-nà-cretina. Appena il poliziotto chiuse la porta corsi in camera e adieu meraviglioso arresto della pasticcera. Benvenuta serata a casa di Maria. 
Vigevano. Tredicesimo tentativo: Lo psicologo 
(Tentativo voluto da Bianco stesso)
Ebbene sì, il mio Bianco insistette perché io andassi in analisi, ma io furba come un gatto avevo voluto che lui venisse con me. Io pensai di usare il sedicente psicologo contro mio marito affinché egli capisse che io non avevo manie compulsive ossessive sessuali. VOLEVO SOLO FAR L'AMORE CON MIO MARITO. PUNTO E BASTA!! 
Mi sedetti composta davanti ad un ragazzotto di quarantacinque anni, con il pizzetto e il papillon. Aveva una giacca di tweed e un taglio di capelli alla Caparezza. Si presentava ossequioso e tranquillo. Lo odiavo. Lo odiavo proprio. Avevo voglia di levarmi la dentiera e usarla come pinzetta per legargli i capelli. Aveva pure un brufolo enorme sul collo. Rosso e bianco. Inesploso. Oh mio Dio, avevo lo sguardo puntato sul quel vulcano ancora attivo. 
Il dottore mi richiamava all'ordine, ma io non potevo ascoltarlo!!! Dovevo strizzare quel brufolo!! 
Intanto il mio Bianco snocciolava termini che non conosceva mica come: ossessionata. Posseduta. Nevrotica. Maniaca e pazza! 
«Eh no! Non sono pazza!!» dissi io, saltando in piedi. 
Ero ad un braccio di distanza dal brufolo. Mi avvicinavo ancora di più facendo finta di curiosare nello studio mentre il dottore mi guardava perplesso. 
Ok, so anch'io che non è normale o educato vagare per la stanza, ma quello se ne andava in giro con quel coso sul collo... mhmm! Dovevo pur far qualcosa. Dopo il brufolo poi avrei attacco con Bianco, pensai, mentre Bianco gesticolando in mia direzione tirava fuori parole come squilibrata, disconnessa e ingestibile. 
Ero sul collo del dottore, le mie dita erano ad un centimetro dal suo cratere. Entrambi mi guardarono seri e negativi. Allora esclamai per depistare l'attenzione su di me che Bianco da piccolo si vestiva da femmina e serviva the alle bambole. Non era proprio vero, ma il mio Bianco entrò in crisi e al dottore si aprirono le sinapsi freudiane e iniziò a fargli un sacco di domande. Bianco si impaperò ed io attaccai il brufolo e il dottore urlò cadendo dalla sedia con me attaccata al suo collo. Cercò di sfuggirmi, ma io non mollai finché non vidi il sangue sul collo. Poi mi risiedei e disinfettando le mani dissi al dottore con gli occhi a palla e il cravattino storto: «Può credere quel che vuole dottore, ma io amo sinceramente mio marito e se non vuole fare altre sedute con me gli dica che sono normale e può anzi DEVE fare l'amore con me» lo fissai con lo sguardo e lui si inquietò come se volessi farlo con lui anziché con Bianco. Tremando con la voce e tossendo a raffica disse a Bianco che io non avevo niente che non andava bene se non un eccesso di zelo e passione e una pesante distorsione mentale. Ci accompagnò alla porta mantenendosi estremamente lontano da me. Bianco parve deluso, ma io no. Ma, che si aspettava da uno che sotto la camicia nera portava la maglietta #ioMiamo colorata in oro e nero?? Gli ho fatto solo un favore. Ma, mentre mi accomodavo in macchina Bianco iniziò a dire che esisteva un altro tipo di specialista che poteva aiutarci. 
«L'agopunturista» disse lui, con aria seria. Tacqui ed intanto pensai a ciò che gli fosse capitato se non guariva il mio Bianco. Bianco pensò la stessa cosa, ma in maniera del tutto diversa. 
Vigevano. Quattordicesimo tentativo: L'agopunturista 
(Consiglio dello psicologo Caparezziano)
E ci ritrovammo dunque lì. Io, Bianco e l’agopunturista giapponese. Io sembravo un porcospino tanto ero piena di aghetti. Invece il giapponese se ne stava attaccato al suo telefonino e ogni tot mi chiedeva se sentivo ancora quel dezidelio folte di anzia e lilidine?? Ma, come si esprimeva questo qua?? Ovvio che la sentivo ancora la libidine, sotto un miliardo di aghetti c’ero ancora io. A Bianco non chiedeva niente e lui se la ronfava alla grande sulla sedia. Di sottofondo si sente una musica blues. Il giapponese si scusò ed uscì a telefonare ed io guardai mio marito che in quel momento aprì gli occhi. Anche Bianco mi guardò e per un attimo sembrammo ancora due ragazzini. Sorridemmo e la mia mia mente iniziò a riempirsi di tenere misericordie, diciamolo così, che se no poi anche voi dite che sono lilidinosa. Mi alzai dal mio lettino e come una mummia di aghetti mi avvicinai a lui. Bianco sgranò gli occhi e si allontanò. Ah! Gli piaceva giocare al mio ometto! Iniziai a rincorrerlo e lui scappò per la stanza, ma poi arrivò il dottore e come due scolari ci ridistendemmo. Poi toccò a Bianco ad essere aghettato. Dopo un paio di aghetti nelle zone erogene il dottore chiese a Bianco come si sentisse e lui sorrise ben lieto. 
UHM!! Ben lieto. 
Il dottore ricevette un’altra telefonata, e un po` imbarazzato uscì dalla stanza ed io mi precipitai da Bianco e incominciai a mettere i miei aghetti dappertutto nelle sue parti basse. Bianco gemette ed io mi ingalluzzii e come un treno lo riempii di aghetti. Bianco si fece languido e poi boh persi la tramontana e salii sul lettino di Bianco. L’unica cosa che ricordo è l’urlo di dolore di Bianco che mi buttò per terra e corse fuori dallo studio disperdendo i suoi aghetti. Povera stella, lo hanno trovato nel garage che cercava di spaccare il finestrino della nostra macchina per fuggire via. E che saranno mai cento aghetti conficcati nella carne? Io ogni volta che mi depilavo con il rasoio provavo la stessa sensazione e non mi sono mai lamentata! Ad ogni modo capimmo che l’agopuntura non faceva per noi. Per tutta la strada del ritorno Bianco mi mise il muso dicendo che avevo deliberatamente tentato di ammazzarlo, ma io non lo ascoltavo neanche perché in quel momento mi era venuta un’ideuzza.
Vigevano. Quindicesimo tentativo: La polvere blu 
(Ideato da me)
Il giorno dopo del quattordicesimo tentativo andai dal mio medico e mi feci scrivere il viagra. Lui tentennò per via dell’età di mio marito, ma io lo ricattai facendogli capire che se non me lo prescriveva io sarei andata a contare a sua moglie cose realmente accadute al suo poco virile neo-maritino. In realtà non sapevo mica niente, ma il potere di convincimento stava tutto nel fargli credere il contrario. Buttai una frasetta tanto per dire e vidi che lui diventò tutto rosso e allora a quel punto come una zanzara nel sangue ci marciai dentro. Ma, il problema rimaneva il rimba-farmacista. Mi travestii da ometto ed entrai in farmacia. Con voce burbera passai la ricetta al farmacista che stette cinque minuti a fissarmi, ma poi si girò e cercò il medicinale nel retro della farmacia. Stette via nel retro un buon quindici minuti e quando tornò, me lo porse e disse: «Chiara Giovanna spero che tu sappia ciò che stai per fare!» 
Ovvio che lo sapevo! Senza rispondere mi presi la scatola delle pillole e tornai a casa e iniziai a pestarla nel mortaietto di porcellana. Riducendo in polvere tre pastiglie le mescolai nel succo di pompelmo. Bianco era dalle sue rose, che dopo quella sera avrebbero fatto una brutta fine. Risi satanicamente dentro me. Porsi il bicchiere a Bianco che non lo voleva, ma io insistei e allora lui accettò e lo prese in mano. Mi squillò il cellulare ed io corsi a rispondere, e quando tornai il bicchiere era vuoto. Chiesi a Bianco come si sentisse e lui rispose che stava bene e mi sorrise, e continuò la sua potatura accurata. Mentre aspettavo che il pollo nel forno e quello in giardino si cuocessero mi sedetti in cucina e attesi fumando una sigaretta. D'improvviso arrivò Valdho e iniziò fissarmi e io gli chiesi cosa volesse. 
Lui rispose rose in mano: «Te!»
Io per poco non cadetti dalla sedia e lo guardai scioccata e un po` disgustata. Poi mi cadde l’occhio sulle rose che aveva in mano e realizzai che erano le rose di Bianco. Lui le buttò sul tavolo e si inginocchiò davanti a me giurandomi amore eterno. Nella mia testa c'era un unico pensiero: Le rose di Bianco NOOO!!! Valdho diceva che Bianco era uscito un attimo e la casa era tutta per noi. Io a poco vomitavo e cercavo di sfuggirgli fin quando non mi acchiappò per una caviglia e io cercai di trascinarlo a peso morto fuori in giardino. E a quel punto entrò Bianco con gli occhi di fuori dalle orbite che gridò vendetta per le sue rose. Manco del fatto che un filippino era attaccato alle caviglie di sua moglie. Mi arrabbiai pure io e finì in rissa. E l'unica che poi ci guadagnò in questa commedia della malavita, fu Valdho che rese molto felice quella sera Rosetta. Infatti, Valdho vedendo Bianco infuriato vide bene di darsela a gambe e abbandonò la sua amata per passare la notte con la cameriera della Maria. A quanto pare era stato Valdho a bere il pompelmo che Bianco gli aveva rifilato. Povero Valdho il giorno dopo non si ricordava mica niente. Sono io che non avevo dormito quella notte perché Valdho si era appiccicato sul vetro della camera da letto con il suo faccione. E fui sempre io che cercai di far venire a letto Bianco che se ne stava con il fucile a canne mozze davanti casa aspettando che l'assassinio delle sue rose tornasse nel luogo del crimine. Il giorno dopo ripetei l'esperimento mettendo nella pasta al sugo altre pastiglie di viagra ridotte in polvere. E questa volta Bianco mangiò tutto e con gusto. Salvo poi passare due giorni interi con il mal di pancia e la diarrea. E lo sapete ora anche voi, il rimba-farmacista mi ingannò facendomi credere che erano tutte viagra invece che delle banalissime pastiglie contro la stitichezza colorate di blu. Non uccisi il farmacista perché infondo lo aveva fatto per proteggere Bianco e anche perché ideai in quel momento il sedicesimo tentativo e il rimba-farmacista mi sarebbe servito ancora.
Vigevano. sedicesimo tentativo: I video porno
(Consigliato dalla madre della ragazza che aveva sbagliato numero)
Quante ne sanno i ragazzi di oggi, pazzesco, mi chiamò una ragazzotta che cercava il suo moroso ed invece trovò me. Aveva sbagliato numero, era evidente, ma io prima di dirglielo le chiesi cosa avrebbe fatto al mio posto se il suo ragazzo avesse mollato il colpo e non avesse più voluto far l'amore con lei. La ragazza ci pensò su e poi mi disse che forse era meglio che parlassi con sua madre. Mi passò una certa Lucrezia, che se non fosse che la Borgia fosse morta da secoli mi pareva la rivisitazione in persona. Con la vociona tetra, tipo aldilà, monocorde e afona, mi disse che lei prima di evirare suo marito provò con i video porno. Io gli chiesi se a pagamento me li poteva spedire e lei disse che era una produzione amatoriale in proprio, diciamo casereccia. Gli chiesi se avessero funzionato e lei mi rispose che con l'amante di suo marito sicuramente. Da qui l'eviramento. Ma, comunque, la presi come una buona notizia e non mi persi in dispiaceri inutili con la Borgia dei tempi moderni, anzi mi mesi d’accordo sul pagamento e l'invio. Tempo tre giorni arrivarono con il corriere sda. Ero stra-eccitata come un riccio al suo primo accoppiamento. Guardai il dvd e levai la cover che mi pareva inquietante più che lussuriosa. Tirai tende e chiusi a chiave tutto. Bianco si allarmò un poco, ma io presi il plaid con sorriso allegro. Dissi a Bianco che dovevamo vedere questo nuovo film per forza. Lui bonariamente accettò, in realtà accettò perché sapevo che nel fine settimana voleva andare a caccia con la sua cricca di amici. Inserii il dvd e attesi l'inizio. Una musichetta mortuaria si fece strada fra la chilometrica introduzione. Come se una ne dovesse fare una bandiera gloriosa di aver fatto porcherie davanti la telecamera. Devo dire che lui era pelosissimo. Pareva ancora vestito da svestito. Bianco inforcò gli occhiali e chiese avvicinandosi alla tv: «Ma, è una scimmia? Che razza di documentario è? Perché c'è il sottofondo di profondo rosso?» Incrociai le braccia, ma sentii che un'imprecazione voleva scivolare fuori fra le corde vocali. 
Attendemmo sta Borgia... con ansia. 
OH, MIO DIO... cosa videro i nostri poveri occhi. Ma che schifo!!! 
Innanzitutto, la Borgia telefonica era grossa, poteva pure intitolare il dvd il mio grasso grosso infarto, perché solo quello ti poteva venire a guardarla. 
Bianco ad un certo punto mi disse: «Ma, Chiara Giovanna perché sta scimmia si accanisce in quel modo su quel povero divano rosa?» poi spalancò gli occhi e gridò: «oh mio Dio, ma ha i denti il divano... e quella che cosa sarebbe?? Una lingua??»
BLAH... si leccano... nooo... Ma, come fa con tutto quel peso addosso?? Da che parte sono girati?? 
Spensi il dvd delusa e io e Bianco ci guardammo. Secondo i miei calcoli ci sarebbe dovuto scappare l'avvinghiamento, ma ci scappò solo la camomilla perché secondo Bianco e me, la povera scimmia collassava entro trenta secondi. Era contro natura quell'incastro. Bianco fece domande, ma io non risposi. Perché… continuavo a chiedermi, ma perché non si era tolto i calzini bianchi? Per sembrare più umano?? 
Milano. Diciassettesimo e diciottesimo tentativo: L'ipnotizzatore e il pranoterapista 
(Consigliato dall’ego da un quintale di Bianco)
Se c'è una cosa che di Bianco non vi ho ancora detto è questa: Lui amava anzi bramava essere visitato ogni tot periodo di tempo da qualche specialista. Come ovvio che sia dal ramo terapeutico dell'ipnotismo lui era sempre stato escluso non avendo nessuna motivazioni valida per andarci. Ma, da quel giorno tutto poteva cambiare. Facemmo un patto io dall'ipnotizzatore (per calmarmi) e poi lui dal pranoterapista. Due specialisti in un giorno solo. Era un record da segnare nel quadernetto privato di Bianco. Dove annotava tutti quelli che lo avevano visitato. Metteva pure le stelline da quando lo aveva visto fare su internet. Stelline e commenti. E non crediate che ci andasse leggero, se uno dovesse leggere quel libricino dalla copertina nera come minimo lo avrebbe preso per un serial killer. E si sa che il mondo è bello perché è vario (o avariato) e c'è chi ha l'agendina delle ex fidanzate e chi gli piacerebbe avere un album della Panini con i dottori che lo hanno visitato. Comunque, la sua agendina era diventata leggenda e non passava giorno che qualcheduno non chiamasse per sapere un parare da paziente su qualche illustre dottore. Infatti, era usanza qui da noi, da qualche anno, che se dovevi aprire un ambulatorio prima dovevi omaggiare Bianco visitandolo e poi potevi avere il pax per tutto il resto della città. E quindi tutti pomposi ci recammo dal suddetto specialista. Mi fece sedere e io obbedii e allora lui iniziò a farmi guardare il pendolino che andava di qua e andava di là. Ed io penso che quando andava a sinistra... che bell'uomo era il dottore… se andava destra... dovevo imparare ad usare il pendolino contro Bianco. Dopo poco, però, mi stufai. Che noia. Appena fece una frazione di pausa, lesta come un gatto mi alzai e afferrai il pendolino. Il dottore non se lo aspettava e mi guardò perplesso e Bianco ne approfittò per dirgli: «Ha visto?? È il diavolo sta donna!» 
Dovevo appuntarmelo da qualche parte che se Bianco mi avrebbe dato ancora della indemoniata gli dovevo dare una craniata direttamente in loco. Ad ogni modo, con il pendolino in mano e la minaccia di usarlo come arma, feci sedere Bianco e lasciai che il dottore facesse il suo lavoro o almeno ci provasse, con me che gli suggerivo la frase cardine: Tipo fai sesso selvaggio con tua moglie. 
Ma, lui nooo, diceva frasi soavi tipo: sii tenero con tua moglie. Comprendila. AMALA. 
Che pietà sto dottore. Una noia completa. 
Insomma, si vergognava il cucciolo!!?? Ma, che si era laureato a fare??? Cialtrone professionista. Allora, in preda alle mie idee di onnipotenza gli schiacciai il piede al dottore e gli strappai il pendolo, salii sulla sedia sopra Bianco e partii come uno schiacciasassi gridando: «DEVI FARE L'AMORE CON TUA MOGLIE HAI CAPITO O NO?? SII UOMO... SII IL DIO DEL SESSO»… e cose simili.  
Il dottore rosso come un pomodoro perse la pazienza con me e fischiando con le dita mi intimò di fermarmi. Mi strappò il pendolo e virtuoso mise fine alla seduta. E sul referto medico mise: non collaborante. Come non COLLABORANTE?? Avevo fatto pure il suo di lavoro!
Bianco non fece una piega scuci due centoni e si avviò con me verso il piano del pranoterapista. 
Altro dottore, stessa musica: belle scarpe, bella faccia, bel fisico, praticamente un demente. Con il prano partimmo subito male, quando uno di fianco all’altro con Bianco sdraiato, lui mi disse che gli levavo energia positiva. Allora mi feci un po` più in là, se no Camomillo (che di nome si chiamava Camillo Botta, ma di fatto era una camomilla) non si concentrava. 
E sarei rimasta anche zitta se il Camomillo non avesse messo le mani solo nei punti sbagliati. 
Insomma, cosa c’entrava il fegato con i gioielli di famiglia?? Lui stava benone di fegato, sono io che me lo facevo di continuo. 
Cercai di farglielo capire, ma lui alla seconda mia insinuazione che non stesse mettendo le mani sul posto giusto mi sbatté fuori dallo studio. Avete capito il villanzone cosa si permise di fare?? Ah, ma mi vendicai! Quando misi le mani sul quadernetto di Bianco cosa non aggiunsi!! Inoltre, si permise di dirmi per ben due volte che quella era la sua aria e non la dovevo assolutamente oltrepassare e che dovevo stare pure zitta perché innervosivo il paziente. Allora, io gli risposi che io avevo pagato la sua prestazione e quindi anche la sua aria era mia. E aggiunsi che doveva piantarla di fare il perdaballe e mettere le mani sulla zona morta e di resuscitarla. Cosa per cui era stato strapagato. Ma insomma, chi era sto Camomillo? Il Buddha? Che aveva l’aria sacra da non calpestare? Ci sputerei pure dentro la sua puzzolente aria al profumo di Rocco Barocco. Il verdetto come a volersi dimostrare fu che era sano come un pesce. Cosa volevate che resuscitasse un Camomillo così? E poi è certo che se ti dico che mi fa male una mano e tu mi visiti un piede è ovvio che mi dici che alla mano non ho niente!! Avevo le ovaie che ballavano la sua sentenza di morte, ma il furbo mandò la segretaria a darci il referto. Bianco il paziente ideale, tirò fuori il suo odiosissimo quadernetto, e si leccò pure la punta della sua schifosissima pennetta. Scrisse piccolissimo i suoi commenti. Come se io a casa non avessi la lente d'ingrandimento e non fossi in grado di cambiarli in sentenza di morte. 
Basta ciarlatani. 
Dovevamo andare: da un prete esorcista!! 
Vigevano. Diciannovesimo tentativo: il prete esorcista 
(Raccomandato dalla suora seduta nella sala di attesa del prano-perdaballe-Camomillo-terapista)
D'accordo già lo so! Neanche voi credete che potesse funzionare, anche Bianco la pensava così, ma poi lo convinsi che l'esorcismo era una branchia dell’ipnotismo e in pratica lui si stava perdendo di conoscere un serio professionista, che solo lui, Bianco, poteva vantare di aver annoverato nel suo quadernetto. 
Non faceva una grinza!! E neanche il pancione enorme di Abdulescun faceva una grinza. Era così teso e gonfio che ad un certo punto mi era venuto il dubbio che forse lui i demoni invece di scacciarli se li sniffava. E li teneva lì, nel panzone come i Pokemon nella sfera pocket. 
Vi ho stupito con i Pokemon eh?? Ma, come li conosco è un’altra storia.
Il povero Bianco un po' di strizza gli era venuta nel vedere quel grosso africano vestito come arlecchino. Io non ebbi paura, ma un po' impressione la faceva. 
Entrò e disse: «Qui c'è uno spirito negativo» e mi guardò. 
Volevo rispondergli: Fai astinenza sei mesi e poi vedi se invece dei salmi lanci maledizioni. 
Ma, non si fermò solo a quello. Prese una mela dal cestello, senza manco chiederla, metà partì con un solo morso e l'altra metà se la passò sulle mani e poi la buttò sul lavandino. E già da lì il mio razzismo stava già facendo provincia. E poi con le mani zuppe di mela si parò di fronte al mio Bianco e gli prese la faccia con le mani e roteando gli occhi iniziò una litania antica. Non saprei dire quale, avete presente il barese e il sardo? Un misto sardo-barese. Non si capiva niente, tranne il fatto che sputacchiava grossi grumi di saliva sulla faccia del mio Bianco peggio di un lama. Il mio Bianco che prima faceva il virtuoso, ora era annichilito di fronte a quella montagna di pelle nera dalla lingua lunga, ma lunga, talmente lunga da farci una tangenziale. Poi da sotto il vestaglione tirò fuori un rametto non meglio identificato e iniziò a ramettarmi Bianco. Ormai Bianco si capiva che era succube e non reagiva più, ma le mie ovaie erano sature e stavano già pensando al revolver del nonno. Dai francamente se dovevo fare l'amore con uomo che aveva la faccia al sapore di sputo e mela... Blah!! Decisi di intervenire, quando il pretaccio iniziò una danza zulu tutta sua. Non sentiva niente. Bianco stava per svenire spaventato, e a quel punto lo sarei stata pure io, mancava solo che il coso aprisse il vestaglione e con il suo biscione ci facesse la sacra unzione. Spaventata da tale ipotesi, presi il vaso di mia suocera e glielo spaccai in testa e lui come Golia con Davide cadde per terra. Chiamai la Maria e insieme a Bianco lo trascinammo fuori e lo abbandonammo vicino ad una chiesa. Sparsi la casa di acqua benedetta e tirammo un sospiro di sollievo. 
Mai dare retta alle suore che vanno da un prano-perdaballe-camomillesco-terapeuta. Mai!
Air One e Haiti. Ventesimo e ventunesimo tentativo: Il viaggio e il vacanzone 
(Ispirato dal blog UnaSoluzionePerTutto.org)
Francamente ero stanca di tentativi cittadini, ci voleva una vacanza per rilassarsi. Magari con il sole, il mare, il pesce, poi sarebbe venuto tutto più naturale. Ma, Bianco, braccino non solo corto, ma proprio amputato, si rifiutò sulle prime, ma poi messo alle strette si decise di portarmi in vacanza. Organizzò tutto lui, e da qui la preoccupazione era più che legittima… 
La destinazione sarebbe stata Haiti e avremmo soggiornato in un bungalow di legno posto proprio nella spiaggia. Il prezzo è bassissimo, ma l’hotel aveva buone recensioni. 
Partimmo. Ma, già in aereo ci furono dei disguidi in quanto misero Bianco infondo all'aereo e me vicino ad una trecciuluta ragazza. La trecciuluta ragazza si chiamava Flavia ed era simpatica e aveva delle idee mica da ridere. Innanzitutto, mi spiegò che il bagno dell'aereo era stato progettato per concupire alla bisogna. Io ingenuamente avevo pensato alla pupù e alla pipì, ma lei mi rispose che in secondo luogo pure a quello, ma in primo al sesso. Buona cosa, ma lo vedevo complicato portare Bianco in bagno in quanto si era fissato che il ragazzo-traliccio dietro di lui volesse fregargli il posto vista la ristrettezza del suo posto. Flavia mi consigliò allora che dovevo dirgli che il capitano doveva parlargli. Con il suo moroso funzionava sempre. Mah non ero brava a mentire e inoltre Bianco ogni tanto; come dire, non afferrava le cose al volo. Avrebbe fatto un’infinità di domande. Allora ebbi una folgorante idea e gliela contai alla Flavia che rise soddisfatta. Conoscevo il mio pollo, allora mi alzai e gli dissi che in bagno c'era una celebrità di dottoressa. Un’iridologa che con un solo sguardo ti contava pure quante pustole avevi su per il naso. Sì, Bianco era convinto di avere le pustole su per il naso. Ma, calando un velo pietoso le avrei usate per i miei secondi fini. Gli chiesi a Bianco di venire con noi in bagno per una visita. L'ecosistema di Bianco fu messo a dura prova, voleva, ma temeva di perdere la poltrona. Allora gli dissi che se casomai avesse avuto ragione gli avrei ceduto il mio. Ovviamente, a cose fatte. Cedette e si allontanò con noi. Flavia gli guardò l'occhio e iniziò a dire che era anemico e che per far sangue ci voleva l'amore. Siccome Bianco non capiva, gli spiegò che ci voleva far l'amore con sua moglie. Bianco era scettico (e anche un po' strunz) allora Flavia gli disse che si doveva fidare della sua laurea di Iridologia. Soppesò la parola Iridologia e chiese dove esercitasse la professione. Se avesse sbagliato città saremmo state fuori dai giochi. 
«Bergamo!» Sparò Flavia e Bianco cadde ingolosito. 
Entrammo nel bagnetto, che a dire il vero non mi pareva un luogo ideale. Per entrare tenemmo il respiro. Una volta chiusa la porta Bianco armeggiò con i suoi trecento strati di roba. Sì, perché aveva avuto la brillante idea di mettersi vari strati di vestiti per non pagare la valigia extra e due paia di boxer. Il primo conteneva i soldi e l'altro serviva a proteggersi da me o dal resto del mondo (boh!). Stavo per arrivare alla base quando uno smottamento d'aria ci spinse e io gli diedi una capocciata senza volere. Allora Bianco gridò di dolore, ma io ripresi da dove avevamo lasciato, se non una seconda scossa gli fece perdere l'equilibrio e sbatte contro la porta. Io non caddi perché ero incastrata fra il gabinetto e il lavabo. Bianco cuor di leone ci riprovò a venire verso me. Mi diede un bacio tenero e dalla porta un ragazzotto romano piccolo e indemoniato voleva entrare perché gli scappava pipì e popò e tutto il repertorio. Si sentì pure la voce dell’hostess. Mi arresi all'evidenza ed uscimmo dal bagno. Di ritorno vidi con ferocia che il ragazzo traliccio avevo messo in opera il suo piano e stava seduto al posto del mio Bianco. Ce lo vedevo gente, un film o un libro ambientato in aereo, dal titolo emblematico: Omicidio sul air one. Bianco senza dire una parola si fiondò nel mio posto, tirò fuori il pennino straleccato e il guadernino e diede il via alle chiacchere con Flavia, che ora mi stava un po' meno simpatica. Mi sfogai con il ragazzo traliccio che tempo tre minuti ritornò al suo striminzito posto. Il ragazzo traliccio si rivelò abbastanza gradevole e mi raccontò la sua storia con la sua ex. Una storia lacrimevole e alquanto noiosa, ma per certi aspetti interessanti. Il fulcro del mio interesse fu come il suo migliore amico (sono sempre loro i peggiori) a suon di avance e proposte concupì la sgallettata della sua ex. Ne volevo sapere di più, ma mi piantò un ciocco su quanto stava male da farmi venire l'orticaria e tre minuti e mezzo per descrivere le imprese fighe dell’ex migliore amico. Poi mi disse che era diventato gay e mi scese l'interesse così feci finta di dormire. Intanto pensavo al mio prossimo tentativo. 
Una volta scesi, Bianco era contento, la chiacchierata con Flavia gli aveva giovato. 
L'hotel si rivelò un ostello e la camera due amache puntellate sulla sabbia del pavimento. 
Mi dissi che strozzarlo non deponeva a mio favore. Tecnicamente avevano ragione loro. Il nostro hotel si chiama Hiilton Hotel no Hilton Hotel (convenzionale) quindi se noi avevamo cercato un hotel per un altro non era colpa loro. Questo lo dicevano loro. Tempo al tempo e l’avrebbero pagata cara. In bagno c'era un tubo che scendeva dal soffitto che faceva da doccia, riscaldata dal sole. Ma, a me non importava. Abbracciai mio marito e lui con tenerezza mi depose sulla amaca che oplà mi fece cadere dall'altra parte. Dopo tre capitomboli a suon di urla mi portarono una branda convenzionale (ma mica troppo). Bianco mi distese sulla branda, la cui superficie era rasposa e piena di sale. Ma, il problema si pose quando mi poggiai nella mia branda che si richiude con me dentro. Urlai intrappolata dal materassino salato. Bianco cercò di aprire la branda, ma da solo non ce la faceva. Chiamò il personale, che dopo un’ora, con calma e senza sforzo la riaprirono. Io scappai in bagno per levarmi il sale e il puzzo di dosso. Mi feci una doccia gelata e al mio ritorno vidi Bianco sdraiato sulla mia branda che dormiva. Mi fece tenerezza nonostante lo volessi uccidere a fuoco lento. Lui si destò, e fece una capatina in bagno. Ed io ebbi la brillante idea di ridistendermi sulla trappola per topi che appena la toccai mi si richiude addosso. Ancora. Mi liberarono ed io avevo il sistema nervoso andato e inoltre di fatto non sapevo dove dormire. Il giorno mi vide ancora sveglia, io sul materassino di sabbia e Bianco sulla sua comoda amaca, in cui non sapevo salire.  Inoltre, avevo la pelle variopinta di puntini rossi ed ero prossima allo sclero. Bianco e io girammo sull'isola per cercare un'altra sistemazione, ma non ce n’erano perché eravamo in alta stagione. Il dottore locale mi sparse su tutto il corpo una lozione puzzolente, ma efficace che aveva solo il lato negativo di tenere lontano Bianco e qualsiasi essere umano che respirasse, ma almeno non mi grattavo. Dopo un po` anche la lingua si sgonfiò e io potei iniziare di nuovo ad insultare tutto e tutti. Non ci rimase che anticipare il volo di rientro e mandare tutti a defecare. Nell'aereo di ritorno non trovai nessuno con cui parlare dei miei problemi tranne un esperto matrimoniale, che sinceramente non mi era mai venuto in mente di contattare. Perché IO E BIANCO CI AMIAMO!!! CAPITO??? 
Aereo. Tentativo ventiduesimo: L'esperto matrimoniale 
(Trovato sull'aereo già pronto all'uso)
Capii all’istante perché non mi ero mai servita di tale professionista. Era inutile come una forchetta nel brodo. In primis aveva un amore folle per Bianco, che, ovviamente, ne faceva una bandiera di stato dell'approvazione del suddetto soggetto. Bianco parlava e lui non faceva altro che dire: «Eh sì» poi scuoteva la testa come una foca ubriaca, con quella sua vocetta da pecora e mi guardava male. Il fatto che non potevo buttarlo giù dall'aereo giocava a mio sfavore. Tra l'altro doveva avere delle turbe psiche che lo portava a infilarsi fra le coppie. Credo che la sua fosse una vocazione da pettegolezzo marcio. Nell'aereo ci avevano messi nella fila da tre centrale. Ebbene, lui appena io mi alzai per andare al bagno, si impossessò del mio posto e non me l'ha più ceduto. Quando gli ho detto che non mi interessava la sua opinione mi estromise e adieu, continuando a parlare con Bianco. E non solo, aveva avuto pure l'impudenza di pararmi la mano davanti quando parlavo, come a dire per favore taccia. Una volta ho visto un film, il talento di Mr. Ripley, ecco questo era uno simile, era un ciuccia personalità. In quel momento siccome gli aggradava faceva "Bianco" poi finito mio marito attaccava con un altro. Sì, sì, dev'essere stato proprio così. Insopportabile. Pure il signore davanti a me sulla sinistra lo pensava e anche la signora tre file più indietro. Non ne potevo più e me ne andai dal capitano, il quale fece un annuncio in cui mi diede ragione. Disse in filodiffusione: «Il capitano Rossi pensa che la signora Chiara Giovanna abbia ragione e che lo special one dei poveri seduto accanto a Bianco abbia torto. Il marito deve accontentare la moglie che non chiede altro che un po' di affetto fisico!»
Il capitano lo ha tradotto così "affetto fisico" perché dire: Sesso attaccata ad un muro, gli pareva brutto. Mammola! 
Ritornai al mio posto, tronfia di orgoglio sotto uno scrosciante applauso. Ma, appena mi sedetti, oltre lo sguardo livido del saccente professionista, una ragazza mi disse: «Esistono le droghe Signora Chiara Giovanna. Le ha mai provate??» 
Non potevo ammettere davanti a Bianco che il rimba-farmacista me le passava e poi non volevo scoprire troppo le mie carte. Con un gran sorriso le dissi che ci avrei pensato. Invece il panzone vestito da guerra davanti a me disse di farmi la calzetta ghignando, abbassai gli occhi soavemente facendo spallucce. Non glielo dissi che sua moglie mandava messaggi a tutto spiano con cuoricini sparsi ad un certo Walter e lui si chiama Marco. Il dibattito durò altri dieci minuti, poi dalla cabina di pilotaggio misero un film e tutti si placano. Tutti tranne io. Ovviamente. Avevo capito cosa non andasse in tutto quel bailame: la jella. Qualcuno mi aveva fatto la fattura. Sicuramente la pasticcera. Quando atterrammo pensai che dovevo assolutamente parlare con il mio parroco.
Ventiquattresimo tentativo: La Medium 
(Contro la iella e la morte di Bianco a causa mia)
Bianco era ricoverato per intossicazione da sostanza viscida e rancida non meglio identificata (da qui capite le schifezze di profumo che mi comprava il mio Bianco-braccino monco! Per l'anniversario oltretutto!!!) Mi voleva fare fuori era certo! Solo che io di gusti ben più raffinati non lo misi mai quella lozione made in Chinatown lì. Che si chiamasse Channel n.5 ed avesse ben più di quarant’anni non faceva differenza! Be’, comunque vi dicevo, mentre Bianco era all'ospedale io ne approfittai per chiamare una medium per la jella. Solo che la conversazione non iniziò splendidamente a causa mia. Diciamo che io non lessi bene il nome sulla rubrica del telefono e invece di chiamarla maga Bottina esordii con un: Buongiorno l'è mica lei la sciura Battona? E lei mi riagganciò la cornetta. La richiamai offesa, ma bloccò il numero perché non mi dava più la linea sul suo cellulare. La chiamò pure la Maria, ma anche con lei la stessa storia in più qualche maledizione. Be’, le dissi alla Maria che un po' di maledizioni a ciascuno non facevano male a nessuno. Lei fece spallucce e rispose che tanto era lo stesso, era sposata e aveva me come amica! Cosa avrà voluto insinuare? Archiviata Maga Bottina chiamai un'altra maga, questa si faceva chiamare Fiordaliso e vi posso assicurare che più che un fiordaliso me pareva due covoni di girasoli messi insieme. 
Ma lasciamo stare... 
Il Fiordalisone maga mi fece subito simpatia perché mi sorrise con i suoi tre denti larghi da castoro e mi disse che era colpa di mio marito. Così a colpo sicuro. Io mi illuminai e capii subito che fosse finalmente la persona giusta che poteva capirmi. Mi diede una polvere in mano che sapeva di bucato e mi disse che il jellato era lui non io. Mi raccomandò di battezzare casa mia con quella polvere e lasciare agire perché 12 angeli pregavano per me ma uno no, mi voleva male. Le chiesi come si chiamasse e lei rispose che non lo sapeva perché non gli dava confidenza. Io ribattei che le avrei pagato un extra se mi diceva il nome della mandante o se me lo faceva incontrare. Lei mi rispose che mi avrebbe fatto sapere. Sospettai la pasticcera, era inutile negarlo e la bramosia di andarci a litigare era forte. La salutai e per tre giorni non seppi nulla. Allora il quarto assoldai Valdho per chiamarla ripetutamente tipo quaranta volte solo la mattina e alla fine un primo pomeriggio del quinto giorno lei mi chiese se volevo incontrarlo, previo ulteriore pagamento, dovevo andare da lei. Mi precipitai con la Maria e la trovammo in una nuova poltrona di pelle che sospettai si fosse comprata con i miei soldi. La sua poltrona era migliore della mia e ci starebbe stata bene nel mio soggiorno... rimuginai tra me e me mentre lei iniziò a scrollare la testona unta e buttando la testa indietro iniziò a fare i gargarismi con la lingua, sbavando oltretutto sulla mia poltrona di pelle. 
Io e la Maria ci guardammo perplesse e poi lei mi disse che io quando scleravo ero peggio. 
In effetti... 
Ok. Dopo cinque minuti, iniziai a smaniare e vagai per la stanza, dove c'era un dito di polvere ovunque e lei vistomi a quel punto fece una voce tipo fatta con i rutti. Lo spirito si presentò e disse di chiamarsi Rosmarin o qualche pianta aromatica simile. Io gli chiesi perché mi odiasse e senza aspettare la risposta iniziai la lunga fila di nomi che mi avrebbero potuto odiare e lui/lei dopo poco smise di ruttare e si addormentò. Con tanto di russo da competizione, tanto che Bianco fatto più in là. Che cafonazza! 
Io e Maria, ci guardammo in giro, e poi visto che avevo sete dopo tanto parlare, la Maria mi porse la vodka che era riposta in un cassetto chiuso a chiave della Scrivia della maga. La bevemmo e prendemmo varie essenze dai contenitori per i giorni difficili, in fondo non si sapeva mai che ti possano servire code secche di lucertola e occhi in salamoia di chissà cosa. Maria disse che sapevano di pollo, per me sapevano di cotechino. E poi volevate mettere la Maria come regalo per suo nipote una palla di cristallo come ferma carte? Era all'avanguardia come regalo. 
Mhmm valutai che in quella poltrona ci stavamo io e Bianco comodi comodi. E c'è pure spazio per... 
Dopo dieci minuti, gli tirai una borsettata sulla panza, ma la maga non fece altro che girarsi di lato tirando un peto da capelli gialli. 
«Oh signur, ecco da dove veniva la voce di Rosmarin!»
«Forse ci sta solo salutando…» OH, FORSE…
Quanto cloroformio serviva per una massa enorme di maga? 
Decidemmo che spaccarle la bottiglia in testa servisse di più per farla svenire. 
Ed infatti, stramazzò al suolo facendo uscire da dentro sé altre presenze inquietanti. 
E a casa meditai che la jella fosse una cosa superata e tutto stava a gestire gli elementi che si avevano. E io avevo la mia nuova poltrona di pelle vera. E un bellissimo piano in testa per quando Bianco tornava dall'ospedale. 
Policlinico San Matteo (Pavia) Venticinquesimo tentativo: la dottoressa dell'amore 
(Consigliato dal fruttivendolo)
Era da una settimana che non vedevo Bianco. Ero occupata a lavorare sul nostro futuro amoroso, e poi ho avuto un'idea meravigliosa settimana scorsa e dovevo metterla in pratica. Ebbene, il fruttivendolo mi aveva consigliato che se non mi vedeva per un po' Bianco avrebbe sentito la mia mancanza. Ora visto che la piscina era colma era giunta l'ora di andare dal mio Biancuccio. Nell'attesa avevo fatto pure un po' di dieta come mia aveva consigliato il rimba-farmacista. Anzi lui villanamente aveva detto che se non fossi dimagrita avrei rischiato di schiacciare Bianco come uno schiacciasassi. Lo schiacciasassi lo avrei usato volentieri su di lui che era cretino. Intanto avevo iniziato a tirargli qualche sasso sulla vetrata, così imparava a pensare prima di parlare. Ma, sui sassi prima avevo scritto il nome della pasticcera fedifraga. Geniaccia! 
Arrivai a Pavia con il bus in cui tutti mi guardavano per il mio look. Avevo un copri abito nero lucido che mi serviva a coprire il mio travestimento da dottoressa dell'amore. Avevo talmente fame che certe ragazzine mi apparivano grissini appetitosi, ma mi dovevo contenere perché i bottoni del camice tenevano al minimo. Giunsi in stanza da Bianco che mi sembrò un poletto vallespluga con quel pigiamone verde insalata... cioè no, volevo dire in gran forma. Gli diedi un lieve bacio e lui mi guardò sorridente, ma poi gli diedi una leccata e lui mi guardò stranito. Sarà la lozione Bio che gli avevo regalato come dopo barba... tipo l'olio sul polletto... adesso basta... lo guardai e intanto che chiacchieravo servirono il pranzo. Bianco vorace come un piragna si spazzolò tutto invece notai che il compagno di stanza andava lento. Assaggiava e poi spariva. ODDIO QUANTO CIBO SPRECATO!! AL NETTO LA SITUAZIONE ERA DIFFICILE… O BIANCO O IL PRANZO. 
Il compagno di stanza presto sarebbe rientrato dal bagno (certo… se fosse riuscito ad aprire la porta chiusa da me) spensi la luce e mi levai il soprabito e accesi le lucine dell'abito da dottoressa dell'amore, Bianco non era solo stranito, improvvisamente ammutolì. Cercai di salire sul letto di Bianco che invece mi scappava e si avvicinava all'altro letto e afferrò il pranzo del compagno e lo usò come arma. E poi un dottore gorilla accese la luce e mi beccò mentre stavo cercando di mangiare il cibo del vecchietto in bagno, che venne prontamente liberato. Mi sorbii mestamente lo sgridone mentre una nebbia saliva dentro me e svenni. Adieu!! 
Invece no!! AH AH! Mi ritrovai in un letto con Bianco al mio capezzale che mi guardava con due occhi da bambi quando muore la madre. 
Che tenerezza... quasi quasi ne approfittavo... 
Lui mi porse l'acqua perché pareva che mi fossi disidratata. Ed io mi feci abbeverare audacemente. Mentre con una mano gli toccavo il petto e l'altra mangiavo il panino stratosferico… 
Quando Bianco mi baciò con passione per premio si beccò due bottoni del camice nell'occhio e nella fronte. Lui indietreggiò e io mi alzai in piedi così che partì tutta l'artiglieria dei bottoni e a quel punto il mio Bianco per ripararsi cadde dalla finestra aperta. Fortuna che fossimo al primo piano. 
Pavia. Radiologia. Policlinico San Matteo ventiseiesimo tentativo: La sessuologa
(Consigli dati in radiologia mentre parlavo di Bianco)
 
Mentre aspettavo Bianco, cercai di far capire il concetto "sesso con Bianco" a una terrons della mia età di nero vestita ed una musulmana vestita come il mio sofà. Passò una dottoressa, ascoltò e poi si parò davanti e ci fece un discorso sulla dualità della vita. Io da brava bradipa (trovata una foglia/mangiata la foglia/fine della storia) annuii sorrisi e poi la esclusi. Ero stufa di questi laureati... mi capiva meglio la musulmana che aveva nove figli da tre mariti diversi. Ed aveva ancora l'ardore di mettere le mani addosso ad altri, tipo a me, sulla coscia, per quattro volte, ma alla quinta non ci arrivava, credetemi. Vistasi esclusa la dottoressa tirò fuori un seudo complimento sul fatto che alla mia età pensassi ancora all'amore. Ma quale età? Ma quale amore? Io di pensare al sesso da quando avevo messo gli occhi su Bianco non avevo mai smesso. Son passati ben sessant'anni insieme. Roba da Guinness dei primati di sopportazione da coppia. Annuii, ma poi andai avanti con Margherita (terrons) e Flia/flu/foglia/boh (musulmana)
Allora la dottoressa tirò fuori la sua carta segreta: era una sessuologa. Al ché feci spostare la musulmana (così palpava la dottoressa che pareva gradire e non me) e la guardai con occhi diversi... si vedeva che mi capiva, pareva la mia anima gemella... se non che dal due ai tre non tirò fuori cose che non c'entravano... tipo il complesso di Edipo... veramente mio marito non si sentiva grasso quindi non aveva nessun complesso... sul grasso. Comunque... snocciolati i vari tentativi alla dottoressa le parve evidente che un po' di astinenza da tentativi non sarebbe stata una cattiva idea. Infatti, era orribile... crudele... ok, potevo farcela. Lei mi diede il suo biglietto da visita e schiacciando l'occhio alla musulmana se ne andò.
Ovviamente, andava soppesato il consiglio... quando vedendo Bianco ebbi un’illuminazione...
Assoldai Margherita come finta-dottoressa e l'araba-mano morta come infermiera. Gli avrebbero consigliato il giusto... sicuramente niente astinenza... nah... ma che stiamo scherzando??
Parlottai alle due e le feci travestire. In realtà Margherita sulle prime tirò fuori il rosario e me lo sgranò addosso. Ma, io feci leva sul fatto che non aveva niente da fare e alla fine accettò. La convinsi che il camice della dottoressa fosse bianco e non nero e che suo marito non si sarebbe offeso infondo era morto solo da ventitré anni. Andammo da Bianco che mi guardò sospettoso e gli presentai Margherita la sessuologa. Mormorandogli che fosse un dottore nuovo per il suo quadernetto. Margherita scrutò Bianco e Bianco scrutò Margherita e intanto la musulmana toccava il piede di Bianco. Ripetutamente. Bianco abbassò la guardia e Margherita iniziò a parlare... dapprima disse cose sensate, ma poi passò a raccontare cose di suo marito... della sua infanzia... e pure di suo nonno… e della Sicilia e di come fosse bello il suo finocchietto a Palermo in paragone a quello di Milano. Io respirai pesante cercando di fargli capire di arrivare al punto... qualora ci fosse… dopo cinque minuti tirò fuori la lacrimuccia d'ordinanza e Bianco porse il fazzoletto preso dal racconto. Intanto la "velata" passò dal piede al polpaccio... e la mia pazienza era al collasso. Se non che Margherita tirò fuori un nome fra i miliardi di nomi già eruttati e Bianco disse che era suo parente e lì scattò la confraternita fra parenti. Quando La musulmana passò al ginocchio posi fine ad ogni conversazione svenendole addosso. In realtà mi era venuto un colpo di sonno, ma Bianco non era del mio avviso e mi ritrovai nel letto accanto al suo di nuovo venerata da lui e questo mi fece venire in mente un nuovo tentativo. 
Pavia. Policlinico San Matteo. ventisettesimo tentativo: la malattia rara
(Suggerito dal caso)
Ebbene come vi raccontavo, ero nel bianco letto dell'ospedale, con il mio Bianco che vegliava su di me e dentro fremevo perché avevo chiesto al nipote di Maria di travestirsi da medico e diagnosticarmi una malattia rara che non oltre il giorno dopo mi avrebbe uccisa! Quindi ad una malata terminale non si può dir di no!! Giusto o no?? Insomma, è maleducazione! L'ho insegna la chiesa... be’, forse la chiesa no... ma Don Pino sicuramente sì. Bianco mi tenne teneramente la mano è già sentivo che se avesse ritardata di un'altra mezz'ora quel capellone mezza falce e mezzo scheletro... be’, io morivo da sola, ma poi resuscitavo e lo uccidevo quando arrivava!! Per fortuna Bianco non aveva mai visto il nipote di Maria, eppure dovrebbe quando era piccolo giocava con Bianco a bere il the del cinque. Oh… mhmm…
Be’, vi dicevo, mentre attendevamo io e Bianco (che dal russo era al quinto sonno ovvero aveva appena acceso la motosega arrivò lui. Con passo felino e abile mossa fece la sua entratona il dottur che... be’, tecnicamente doveva avere il camice bianco. Ma, lui ce l'aveva nero!! Passi il camice nero, ma gli occhialini alla Matrix mi sembravano un po' troppo! Ci guardò e io svegliai Bianco che appena lo vide lo scambiò per quello di avanti un altro, lo iettatore. A questo punto presumevo che la portasse pure. Lui ci fece un sorriso per il selfie proposto da Bianco, ma noi arretrammo per lo splendido panorama di ci-cago city del suo sorriso. Il dottor Iella avanzò mi diede uno sguardo e sentenziò: Panzite da decubito acuto, tre giorni e ero out!! Ma, che stava dicendo?? Con gli occhi cercai di fargli capire che non due... non uno... ma fra tre ore non ci sarei stata più... ma mica capiva lo spazzolone di nero vestito. Allora lo avvicinai con una scusa, mentre Bianco era in bagno e strappandogli una ciocca di capelli arrivò a mezza giornata. Per la ciocca che volete che sia, la userò come candela in qualche rito satanico cioè no, esoterico. Andato via il dottor Iella, rimase, però, la puzza, e allora Bianco aprì la finestra e io emisi qualche lieve colpo di tosse preso a prestito dalla posseduta. Bianco sbiancò peggio che con l'omino bianco e voleva chiamare l'infermiera, ma io lo bloccai e nello sforzo ruppi pure la cordicella del campanello.
Insomma, stavo morendo un po' di rispetto!!
Con voce flebile sussurrai: «Bianco!». Ma, Bianco non ci sentiva era sordo. Alzai lievemente la voce finché l'infermiera dal fondo del corridoio accorse e mi chiese come stavo. Ma, io sorridevo e annuivo, annuivo e sorridevo e intanto dentro fuoco e zolfo. Da tirare tutti sulla testa di Bianco il sordo. Allora feci l'audace e proposi l'ultimo atto d'amore prima di morire. Lui piagnucolò un po' e questo non era sexy. Poi prese un guadernino che non aveva mai visto e la calcolatrice e in un angolo si mise a fare i calcoli. Anche questo non era molto sexy. Poi con un gran sorriso mi disse: Sono tuo! E mi abbracciò e mi baciò il collo e io, intanto, gli sfilai il libricino nuovo e cosa scoprii???
Nooo!! Questa da Bianco non ve lo aspettereste mai!! Questo figlio di una buonadonna fece una polizza sulla vita contro le mie molestie sessuali!! MOLESTE SESSUALI IO?????? AVEVA PURE STIPULATO UNA SCOMESSA CLANDESTINA!!!
ORE DELLE VISITE IN ORTOPEDIA: OGNI GIORNO DALLE 17:00 ALLE 19:00
Vigevano. Ventottesima tentativo: La pace
(Suggerita da Gesù mentre attendevo che Bianco tornasse a casa)
 
Dopo un paio di mesi Bianco guarì dalle fratture multiple che si era meritato. Facemmo pace. Lui mi chiese scusa e io lo perdonai. Ma, ad un patto, che si facesse perdonare come volevo io. Lui acconsentì subito. Dicendo che anche l’infermiera glielo aveva suggerito. L'infermiera Giustina. Siccome era da due mesi che non lo vedevo non potevo sapere chi era sta Giustina, ma già dopo la ventisettesima volta che la nominava iniziai a odiarla un pelino. Alla trentasettesima chiesi alla Maria se suo nipote avesse qualche bambola vudù vestita da infermiera diplomata a Pisa, di anni quarantaquattro, bionda. Intanto Bianco uomo bionico, nel senso che si muoveva al rallentatore, mi fece segno di andare in camera ed io dimenticai la Maria e tutto il resto del mondo. Lui iniziò a baciarmi la mano e il braccio, dicendomi che Giustina gli aveva detto che alle donne piaceva molto. Ma a me NO!! Tolsi immediatamente il braccio. Me lo deve insegnare lei?? Allora mi disse che sta Giustina gli aveva pure detto che le donne andavano svestite dai loro maschietti. Ma, si arrese dopo che per togliermi la maglia ci mise venti minuti. Sulle calze non ci provò proprio. Poi mi disse di depormi sul talamo dell'amore, spiegando che Giustina gli aveva anche consigliato... a questo punto… non so voi... mi pareva di fare sesso con sta Giustina. Ed io sono etero e monogama!! E prima che Bianco finisse di spogliarsi con calma e delicatezza (perché Giustina gli ha consigliato gesti tranquilli e rilassati) calcolando un buon quaranta minuti andai a cercare lo scotch di carta e quando tornai glielo appiccicai sulle labbra. E basta!! Bianco mi promise che non avrebbe più nominato Giustina. Ma, dopo cinque minuti mi pareva di sentire la mancanza di sta qua. Bianco-Giustina divenne Bianco-ahi fai con delicatezza. Anche il mio spirito amoroso perse intensità quando Bianco ci mise venti minuti a sedersi sul letto e sedici per mettersi in posizione da morto dentro la bara. Vedendolo così imbalsamato, con la pancera per la schiena e le ginocchiere mi sembrò di sentire la voce di Giustina che mi diceva: Lascia stare.
Gli diedi un bacio sulla guancia e lui con un mezzo sorriso (perché per intero gli fa male) si assopì subito e Ciao!!
Vigevano. Ventinovesimo tentativo. La visione
(Sognata da me. Dopo un ahi e l'altro di Bianco)
Sì, lo so forse non era proprio Gesù quello che avevo visto. Ma, aveva la vaga somiglianza con Raoul Bova con in mano un pandoro Bauli, e mi chiamavano, ma io non potevo seguirli né lui né il pandoro perché anche Bianco mi chiamava (con in mano niente, tirchione maledetto). Ma, aveva una voce diversa Bianco, a dire il vero, era più Harrison Ford in guerre stellari. Comunque, mi convinse e quando mi svegliai mi ritrovai sul letto di casa mia con Bianco che mi guardava come l’ultima merendina della sua vita. O forse ero io che lo guardavo così. Ma, qua scattò la genialata. Il mio cervello già operativo alla visione di Raoul aveva prodotto una clamorosa ideona. Inventai una visione mistica che avrebbe dovuto portare Bianco fra le mie cavernicole braccia. Con aria da ultimo respiro agitai le mie braccia, tremando leggermente e sbavando parecchio.
«Bianco la luce. Bo-Bo-Bova no no no no Ge-Ge-Gesù. Ho detto GESÙ …. mi chiamava».
«Chi?» chiese Bianco l’ignorantone.
«Ge-sù ‘gnorante!» scandisco io con gli occhi a palla e la faccia rossa.
«E che voleva da te?»
Ora … cosa può volere un Gesù da me? La mia felicità, era ovvio!!
«La mia felicità. Mi ha predetto molte cose … che non sei pronto ad ascoltare!! Vai!!» 
Agitai la mano e gli diedi una spintarella che quasi cade. Bianco mi guardò dubbioso e poi uscì dalla stanza. Io chiamai la Maria per dirgli quello che doveva fare per me. Lo devo ammetto il tradurre in realtà i segni che dovevo predire a Bianco, per la Maria non dev’essere stato facile. Ma, ne avesse azzeccata una, che sia una. Un disastro. Per giunta quella tontolona di donna si era portata dietro il martirio del marito. Una palla che ogni tanto respirava e il mortorio del nipote, neolaureato in esoterismo come aiutanti. I nuovi Stanlio e Olio dei tempi moderni. Solo che uno pareva Marilyn Manson e l’altro Giuliano Ferrara. Erano vestiti alla Harry Potter. Cioè … io dico… adesso io parlo di Gesù e quello mi venne vestito da Hermione, ma con i capelli neri e il marito della Maria da uno che si era mangiato tutta l’intera scuola di Hogwarts? So tutto ciò, perché Bianco il re del televisore amava ogni essere che viveva dentro la tv. Infatti, non solo rimase estasiato dal quella buffonata, ma anche emotivamente turbato perché non credeva che Rubeus Hagrid (il bidello ciccione per intenderci) fosse anche un discepolo di Gesù e Hermione fosse trans. Su l’ultimo punto avevo già i sospetti per conto mio! Sia messo agli atti. Be’, comunque, Rubeus\Giuliano Ferrara gli dichiarò che nei cieli volevano che lui adempisse I suoi voti matrimoniali, se non lo avrebbe fatto, sarebbe stato bollato come babbano a vita!! A quelle parole il cuore di Bianco tremò e gridò: «Nooo!! Lo farò lo farò!!». Rebeus annuì ed anche Hermione\ Marilyn Manson. Sembrava andare tutto per il meglio voi direte!! Ed anche io lo pensavo finché Bianco non chiese: «Ma, lo posso fare ad Hogwarts??». E quel lurido argh … mezzo Hermione e mezzo Marilyn Manson non gli rispose: «Ma, certo splendida idea!»
 Ad ogni modo si accordarono con Bianco, che invece delle fusa iniziò fare il puritano illibato perché diceva che voleva dare il meglio ad Hogwarts! Io gli risposi che si doveva esercitare se voleva fare bella figura e lui mi rispose che non ne aveva bisogno perché quando andava a scuola aveva fatto la parte di Pinocchio ed era stato bravissimo!! Me lo ricordo pure io! Bella roba sembrava il burattino assatanato di un ventriloquo altro che Pinocchio!!
Voi, a questo punto, vi chiederete e la scuola di Hogwarts dove la trovavamo? Qui entrò in scena il mio callista che fra un callo e un altro mi consigliò di andare a Movieland e inscenare lì Harry Potter. Lui conosceva il portiere che sotto ricompensa avrebbe potuto aiutarci.
Moviland. Trentesimo tentativo. Bianco a Hogwarts 
(Consigliato dal callista)
Per non far riconoscere il posto a Bianco lo avevo bendato. Ma, lui era talmente galvanizzato che si sarebbe fatto fare di tutto tranne quello per cui eravamo venuti a fare a Moviland. Il luogo non sembrava verosimile, ma Bianco stesso diceva che la tv cambiava tutto. Ci posizionarono in una stanza fredda e maleodorante. Dubitavo che il letto ci reggesse, ma la cosa peggiore era la cena che non c’era. Mi pervase in quel momento un romanticismo che psyco ti posso capire. Il portinaio malavitoso ci spinse in una stanza e ci ordinò: «Facite Facite!» Strizzando l’occhio storto un po’ di qua e un po’ di là. Spense all’improvviso la luce e Bianco abbinato all’arredamento si adagiò nel letto e nella semi oscurità mi toccò individuare dove stava messo il letto. Ma, non era lui che doveva fare Bianco Siffredi di Hogwarts?? Quando ci arrivai inciampando più volte in cose che non riconoscevo e spaccando due lampade di scena Bianco non ci stava più nel letto… ma, niente panico, dopo parecchi minuti di attesa mi chiamò e mi fece prendere uno spaghetto che quasi ci rimanevo. Si era vestito da Silente, barbone bianco compreso. E rideva … rideva… rideva… rideva così tanto che pensai che forse fosse meglio ricordare a Bianco che Silente non era Joker di Batman. Ma, non ebbi il tempo perché Bianco mi saltò addosso e il letto si spaccò! Ma, non si arrestò e continuò le sue bramosie inquietanti cioè volevo dire amorose finché in preda alla pazzia lanciò la mia pancera troppo violentemente e prese il lampadario che ci cadde addosso con tutto il contro soffitto. A quel punto si placò perché il malavitoso portinaio entrò di forza e gli diede una botta in testa e svenne. A casa inutilmente cercai di dire che era stato tutto un sogno e se avessimo voluto avremmo potuto rifare lì a casa con i nostri mobile a prova di terremoto. Ma, lui si sentì un babbano fallito e si chiuse in bagno depresso. Mentre Bianco faceva l’adolescente isterico post Silente il pazzo a me venne un’idea. Richiamai il marito di Maria e gli feci dire che per riaversi dal fallimento doveva interpretare un film porno a casa sua, così andava sul sicuro. Bianco approvò e iniziò a ridere di nuovo e io non ero troppo sicura che la cosa mi piacesse davvero. 
 
Vigevano. Trentunesimo tentativo. Il film porno
(Idea avuta dal telefono amico quando ho chiamato per aiutare Bianco il depresso)
 
Ve l’ho già detto, che questo tentativo non è che mi convincesse troppo, perché Bianco tendeva a sbarellare nei panni di Silente e poi, insomma, non è che un vecchio con il barbone mi facesse proprio impazzire. E infatti, ebbi la peggiore delle idee che una donna disperata potesse avere con un Bianco posseduto da un Silente focoso. Ehm …dunque sul più bello gli tagliai la barba. Ecco sì l’ho ammetto… non ce la potevo fare con quel barbone urticante. E il mio Bianco che fece? Pianse tutta la notte. Lo sentivo perfino da casa della Maria che singhiozzava e mi malediceva in palermitano. Ed ogni volta i coniugi mi guardavano e mi scuotevano la testa in segno di delusione. Pure il telefono amico mi disse che era stata una pessima idea allora mi ha diede un’idea per rimediare. 
Vigevano. Trentaduesimo tentativo. Minerva McGranitt
(Consiglio del telefono azzurro)
 
Trovare il costume taglia 56 della McGranith o simile era stato un po’ difficile, ma alla fine ci riuscì andando in una sartoria cinese. Entrai dalla finestra come facevo sempre quando Bianco mi cacciava di casa. E mi piazzai nella stanza e dissi che ero Minerva McGranitt e che da Hogwarts avevano mandato lei per riabilitarlo. Lui mi guardò con sospetto e poi disse con irritante risolutezza che senza barbone Bianco non se ne parlava. Allora, siccome anche questo mi avevano detto al telefono amico, io ne ho portai una. Sofficissima e soprattutto pulita solo che sbagliai lavaggio ed era venuta fuori a chiazze azzurre. Gliela misi e partì la risata satanica, ma poi si bloccò e disse che era tutto inutile. Allora gli misi il capello e pure il mantello e prese vita e mi guardò già da maniaco… il che mi sarebbe dovuto piacere a questo punto dei tentativi, ma uno che schiuma dalla bocca dalla felicità ed aveva una barba a chiazze azzurre non è che mi intrigasse molto. Ma, ero una leonessa e non mi tirai indietro!! Andai impavida verso di lui che digrignò la dentiera che ci era costata un botto, aprì e chiuse il mantello, come un maniaco, ma al dunque mi chiese: «Parola d’ordine di Hogwarts». Ed io risposi: «Silente è magico!!». E lui negò con la testa. Dopo ventisei tentativi di parole d’ordine e due tentativi di forzare il mantello e due chiamate al telefono amico Bianco abbandonò la camera da letto e concluse dicendo: «Silente si sente deluso dalla McGranitt».
«E figurati io» gli gridai dietro bandendo per sempre Harry Potter dalla nostra casa. Grrr!! 
Vigevano. Trentatreesimo tentativo. La trasmissione 
(Suggerito da Jerry Scotti in persona dalla tv della cucina)
Ero lì che preparavo il pollo guardando il gioco della botola con il mio Jerry Scotti e parlando con la Maria via telefono dell’ultimo tentativo, quando proprio Jerry Scotti in persona amicandomi dentro la tv mi diede l’ideona eccezionale. Spingere Bianco a mettersi in competizione con Jerry Scotti per la mia attenzione. Sì sì…avrei fatto proprio così. Anche la squadra del telefono amico e la Maria erano d’accordo con la mia idea. Incominciai quella sera a dire ad alta voce che Jerry era proprio un bell’Om… ma Bianco non fece una piega. Allora azzardai con i complimenti audaci tipo come starebbe senza camicia e così via… ma Bianco manco mi rispondeva. Allora l’indomani passai al piano B mi feci arrivare una maglietta, due sagome e un poster gigante con il faccione di Jerry che piazzai in casa e a addirittura nel letto. Bianco iniziò a chiedermi cos’è sta novità e gli dissi che mi ero innamorata di Jerry perché lui non mi voleva più. Bianco fece spallucce, ma dalla finestra vidi che parlava alle rose in modo concitato. Questo mi galvanizzò ed arrivai perfino a chiamare la redazione per fare il pubblico al gioco. La botta di fortuna arrivò quando all’ora di cena chiamò appunto la redazione per confermare la mia presenza per il pubblico. Bianco sembrò contento della notizia. Io meno della sua reazione, e devo dire che vedere il faccione di Jerry così ad oltranza mi stava facendo salire il crimine. L’unico felice era Valdho il nostro filippino che non smetteva di spolverare e toccare le sagome, che fosse passato all’altra sponda?? Mhmm… se mi avesse toccato Bianco sarebbe stato un filippino morto. 
Arrivò il giorno della trasmissione, e io mi piazzai in prima fila. Ed ero tutta contenta. Arrivò anche Jerry in studio e si avvicinò, ma io non me ne accorsi perché volevo menare a quel deficiente e razzista del cameraman che diceva che mezzo pubblico dietro non si vedeva se mi mettevo davanti. Che insolenza!!! Jerry per calmare le acque mi mise una mano nel braccio, ma io credendo che fosse Bianco gli diedi una botta. Quando me ne accorsi mi profusi in scuse e Jerry fece il galante e mi disse che non faceva niente. Bianco borbottò. Iniziò la trasmissione, Jerry fece una battuta in mia direzione sulla manata che gli avevo dato e la Maria si mise a ridere così forte che quasi soffocò con la caramellina che aveva in bocca. Io cercai di fargliela sputare ed infatti ci riuscì, ma la caramellina che uscì dalla bocca della Maria come un proiettile mi beccò in fronte e caddi facendo una slavina di persone attorno a me. Mi ritrovai sul pavimento con Jerry e tutto lo studio che aspettavano gli infermieri. Guardai Jerry … e guardai Bianco… riguardai Jerry e anche se preferivo il mio Bianco con una mano lesta attirai a me Jerry che mi cade addosso. A quel punto partì l’embolo del mio Bianco che divenne ‘’Bianco u saraceno’’ e afferrò Jerry da sopra di me e al grido non si tocca la mia Chiara si fece buttare fuori dallo studio. Quando arrivammo a casa invece che sfogare la sua foga su di me pigliò il coltello e cercò di avventarsi sulle sagome… e avrebbe anche potuto essere erotico… se non che vide per sbaglio Valdho con la mia camicia addosso e gli partì lo shining e lo inseguì per tutta la casa e per tutto l’isolato. Ma, mentre attendevo Bianco o il cadavere di Valdho mi appisolai ed ebbi una visione di me che venivo rapita e di Bianco che era disperato. Mi svegliai di colpo e capii quale sarebbe stato il prossimo tentativo. 


Dissi a Bianco che l'odio mi aveva guarita e me ne tornai a casa a Vigevano. Lui con l'unico dito libero mi salutò.

Vigevano. Trentaquattresimo tentativo. Il rapimento
(Suggerito da Bianco e il sogno premonitore)

Tornarono tutti e due che ve lo dico a fare. Ma, il mio piano malefico iniziò il giorno stesso. 
Vista la reazione del mio Bianco e visto il mio sogno premonitore, decisi che sarebbe stato il caso che qualcuno abbia avuto il buon gusto di rapirmi. Ma, visto i tempi che correvano se mi fossi rapita da sola era meglio perché chi fa per sé fa per tre. Diciamo che il luogo del riscatto avevo scelto fosse una spa che il nipote della Maria mi aveva prenotato on line a basso costo, visto che avrei dovuto fare tutto di nascosto dovevo puntare al risparmio. Decisi di prendere l’indispensabile per non fare fatica. La mattina mi avviai mentre Bianco parlava alle sue schifose rose e manco si avvede di me e il set di valigie che mi portavo via. Il luogo non era molto lontano, ma ci vollero tre giri di macchina per portare me e i bagagli. Il luogo era alquanto inquietante si chiama Lo Scarso in una frazione di paese chiamata passailmorto. Devo dire che definire spa sto luogo ce ne voleva di fantasia. In pratica il mio bagno era più grande di tutta la struttura che aveva un solo posto per volta. In verità due, ma il proprietario disse che io bastavo e avanzavo e stavo pure stretta. Mi stava mica offendendo sto vichingo della bassa Padania? Mi stava già antipatico. Ma, intanto di Bianco manco l’ombra. Dopo un paio d’ore chiamai la Maria e ci accorgemmo che ci eravamo dimenticate la parte più importante del piano: il biglietto di riscatto. Se no mica lo capiva Bianco che mi avevano portato via. Mentre cercavo di dettare al telefono il mio biglietto di riscatto, il vichingo di avvicinò e mi domandò cosa volessi mangiare per cena nel loro resort. Resort?? Ma, se era un incrocio andato male fra il mio gabinetto e il mio spogliatoio? Mi comunicò in sardo cosa c’è per cena, ma io capii solo: uuh uu uuu. Gli chiesi di ripetere con più consonanti e meno u. Lui scosse la testa e disse lentamente: «wa-sa-bi-ko-uyt-lo-ui-ou». 
«Weeh non sono mica rimba eh, che scandisci le parole vichingo!» gli dissi e sperai che non cucinasse lui, visti i quindici strati di macchie sulla maglietta. Ma, in casa vedevo solo lui. Lo guardai male solo per fargli capire chi comandasse! Ma, mentre lo mandavo via, mi accorsi che la Maria aveva già riattaccato. Mi aggirai in quello che un minuto era una spa e un minuto dopo era un resort. Dopo pochi minuti, finii il giro. Vista l’ora mi accomodai nell’unico tavolino esistente e attesi o il vichingo con la mia cena o Bianco. Passarono i minuti e non arrivavano né uno e né l’altro. Decisi di sfogare l’ira sul vichingo. E mezz’ora dopo cercavo di cucinare il mio risotto alla milanese, mentre lui e il suo occhio nero pulivano il pavimento dal suo sangue. Ma dico io!!! Mi voleva dare il brodino con una foglia di basilico. UNA!!! Visto che non ci stava niente in quella spelonca di cucina lo spedii a comprare qualcosa e gli preparai una lista di cose per pulire quella topaia, senza topi, perché se almeno ci fossero si mangerebbe CARNE!!! Chiamai Maria e le chiesi se avesse messo la lettera dove le avevo detto di metterla e lei rispose di sì. Ma, di Bianco manco l’ombra. L’ira mi avvampava quando il vichingo mi tornò con solo un chilo di pane e due etti di prosciutto. Cercai di mantenermi calma e gli spaccai solo una sedia addosso. Lui cercava di sfuggirmi, ma io lo inseguivo. Finché non si rinchiuse in bagno a frignare. E DI BIANCO NEANCHE L’OMBRA. Decisi di pulire il postaccio, per sbollentare la rabbia violenta e scoprii che il pavimento non era grigio, ma nero e la cucina non era verde, ma Bianca. Ad un certo punto sentii sbattere la porta e mi preparai per la gran scena, ma scoprii che il vichingo era sfuggito dal bagno ed era scappato in strada. Buon per lui, visto che avevo appena scoperto come lavava i piatti!! Intanto scorsi un gatto che si aggirava per la strada e pensai che un po’ di coniglio mi sarebbe piaciuto. Dopo la cena a base di coniglio. Mi misi sul portico quando dal buio vidi spuntare la macchina della polizia e mi emozionò tutta. Per l’occasione mi feci venire le palpitazioni e mi preparai ad essere spaventata e confusa, ma tremendamente sexy!! E niente!!! Era quel demente del vichingo che stava dicendo al poliziotto che lo avevo rapito e picchiato e gli avevo mangiato il gatto!! Era coniglio!!!! Mi caricarono sulla volante a forza e mentre mandavo occhiate assassine al vichingo del tipo: So dove abiti… mi venne in mente un altro piano.

Nei pressi del Penitenziario dei Piccolini con tappa ospedale civile, pronto soccorso. Frazione di Vigevano. Trentacinquesimo e trentaseiesimo tentativo. La galeotta al pronto\galeotta sexy in questura 
(Costretta dalla situazione)

Dentro la volante cercai di spiegare la mia situazione e non so davvero come mai mi ritrovai a raccontargli dal primo tentativo all’ultimo. I poliziotti risero fino al mal di pancia. Risero talmente tanto che non sentirono i miei denti che stridevano dal nervoso. Finché non acchiappai quello davanti per la divisa e gli abbaiai che non c’era niente da ridere. Solo che acchiappai il poliziotto sbagliato… sì, esatto quello che guidava e lui sbandò varie volte mentre io lo strattonavo. Alla fine della corsa non rise più nessuno, specialmente all’ospedale dove il poliziotto era stato ricoverato. Io in compenso avevo le manette (doppie) e la cravatta del poliziotto ricoverato in bocca per non farmi parlare. Io ora non so… ma non mi parse un trattamento civile il loro. Ma, lasciai fare perché prima o poi avrebbero dovuto chiamarmi quel defic… scusate… quel dement… sì, insomma, Bianco! E poi avrebbero visto chi sarebbe tornato a ridere!!! Ero andata al pronto per fingere anche io un infarto e poi anche perché mi avevano puntato addosso quell’aggeggio che faceva la scarica elettrica. Mi fecero un male cane e mi partì l’embolo e iniziai a schiumare dalla bocca e allora mi impunturarono in tre!! Ricordate queste mie parole… in tre contro una povera vecchietta di una certa età. Questo dopo che gli avevo morso il naso al poliziotto che era venuto in soccorso del collega e mezzo staccato l’orecchio a quello che mi aveva caricato in macchina. Al pronto cercai di far chiamare quello scimunito di mio marito, ma nessuno mi calcolava anzi sembravano avere paura di me. Di Muuuua? Ma per favore!! Allora presa dall’esasperazione afferrai la prima cosa che mi venne a tiro e con il mercurio cromo scrissi per terra: Chiamate Bianco!! Alla fine, chiamarono Bianco, ma eravamo già nel penitenziario e avevano tutti il coraggio di essere arrabbiati con me. Anche quella donna bassa che adesso era calva che mi voleva toccare tutta per vedere se nascondevo qualcosa fra le mie tenere pieghe di ciccia. La prossima volta ci penserà due volte ad importunare le vecchiette! Bianco stette un’ora a parlare con il poliziotto e vedevo che gli davano delle pacche comprensive e lui si atteggiava a vittima della situazione. Ma come osava??? Ma, se era tutta colpa sua questa situazione?? Mi ripartì di nuovo l’embolo e mi diedero un mese di prigione allorché cercai di strangolare quell’idiota di Bianco. Ma, solo perché non potevo strangolare prima quella rinco della Maria che non AVEVO ANCORA CAPITO DOVE CAVOLO AVESSE MESSO LA LETTERA PER BIANCO!! 


Penitenziario di Piccolini (frazione di Vigevano) Trentasettesimo tentativo: La prigioniera 
(Idea pervenuta dalla mia vicina di cella)

Decisi di farmela passare perché se no Bianco non voleva più venire a trovarmi in prigione e da come raccontavano le detenute qua c’era da divertirsi se si voleva. Mi si avvicinarono in cinque e fecero un discorso poco forbito sul sesso in prigione e poi volevano dimostrare con i fatti il senso pratico. Alla fine, capirono che Chiara Giovanna non si toccava con un tubo di ferro e non si cercava di strozzare con del ferro filato o tagliare con la lametta. Dall’infermeria avranno avuto modo di ricordarsi la lezione. Ma, tornando a Bianco, arrivò il giorno della visita coniugale e lui mi parve felice di vedermi. Disse di mancargli nonostante tutto. Io gli dissi di stare zitto e non rovinare tutto con quell’ingiusto ‘nonostante tutto!’. Prima di partire per la tangente mi ricordai del piano e allora mi finsi depressa, quasi tramortita dall’ambiente circostante. Lui mi abbracciò comprensivo e io mi sciolsi nel forte abbraccio del mio amore che si era messo un profumo nuovo per venire da me. Decisi di non darci peso. E appoggiai la mia testa nella nuova giacca che oggi aveva indossato per me. Soprassedei sullo shopping che aveva fatto senza di me. Anche se mi rodeva. OhMIODio quanto mi rodeva!! Ma, nel stringerlo a me gli suonò il cellulare. Nuovo!!! Gli chiesi con chi fosse andato a comprare tutta quella roba, lui, Biancuccio braccino monco… e lui candidamente, come solo un Bianco sporco traditore sa ammettere: era andato con la Pasticcera. Improvvisamente la nebbia nel mio grosso collo sparò al cervello e niente mi diedero altri due mesi per condotta aggressiva e percosse a tutti quanti, pure alle detenute! Piena di rimorsi nella stanza di isolamento con un tizio che cercava di spiegarmi il mondo, capivo solo una cosa di tutto ciò che scheletor mi disse: Dimenticare! In verità mi disse che tutta sta ossessione del sesso mi stava portando alla follia e dovevo dimenticare non so cosa perché non lo ascoltavo più e avevo iniziato a immaginare il nuovo tentativo della prossima visita in prigione di Bianco: La tenerezza indotta e l’amnesia!! 

Penitenziario di Piccolini (frazione di Vigevano) Trentasettesimo tentativo: La prigioniera 
(Idea pervenuta dalla mia vicina di cella)

Decisi di farmela passare perché se no Bianco non voleva più venire a trovarmi in prigione e da come raccontavano le detenute qua c’era da divertirsi se si voleva. Mi si avvicinarono in cinque e fecero un discorso poco forbito sul sesso in prigione e poi volevano dimostrare con i fatti il senso pratico. Alla fine, capirono che Chiara Giovanna non si toccava con un tubo di ferro e non si cercava di strozzare con del ferro filato o tagliare con la lametta. Dall’infermeria avranno avuto modo di ricordarsi la lezione. Ma, tornando a Bianco, arrivò il giorno della visita coniugale e lui mi parve felice di vedermi. Disse di mancargli nonostante tutto. Io gli dissi di stare zitto e non rovinare tutto con quell’ingiusto ‘nonostante tutto!’. Prima di partire per la tangente mi ricordai del piano e allora mi finsi depressa, quasi tramortita dall’ambiente circostante. Lui mi abbracciò comprensivo e io mi sciolsi nel forte abbraccio del mio amore che si era messo un profumo nuovo per venire da me. Decisi di non darci peso. E appoggiai la mia testa nella nuova giacca che oggi aveva indossato per me. Soprassedei sullo shopping che aveva fatto senza di me. Anche se mi rodeva. OhMIODio quanto mi rodeva!! Ma, nel stringerlo a me gli suonò il cellulare. Nuovo!!! Gli chiesi con chi fosse andato a comprare tutta quella roba, lui, Biancuccio braccino monco… e lui candidamente, come solo un Bianco sporco traditore sa ammettere: era andato con la Pasticcera. Improvvisamente la nebbia nel mio grosso collo sparò al cervello e niente mi diedero altri due mesi per condotta aggressiva e percosse a tutti quanti, pure alle detenute! Piena di rimorsi nella stanza di isolamento con un tizio che cercava di spiegarmi il mondo, capivo solo una cosa di tutto ciò che scheletor mi disse: Dimenticare! In verità mi disse che tutta sta ossessione del sesso mi stava portando alla follia e dovevo dimenticare non so cosa perché non lo ascoltavo più e avevo iniziato a immaginare il nuovo tentativo della prossima visita in prigione di Bianco: La tenerezza indotta e l’amnesia!! 

Penitenziario di Piccolini (frazione di Vigevano) Trentottesimo e trentanovesimo tentativo: La pestata e L’amnesia 
(Suggerita involontariamente dallo psicologo del penitenziario)

Passò un interminabile settimana ed attendere con ansia che Bianco venisse. 
Dovete sapere che qualche giorno prima, prima che arrivasse Bianco, avevo visto che il compagno della sgallettata che mi voleva dare lezioni di vita rubandomi il pane a mensa era lì che si faceva consolare per il fatto che non aveva più i denti. E lui la consolava bene, anche fin troppo bene. Gli tirai la mia scarpa per fargli capire che avevano sbagliato stanza. Ma, a quel punto lei si era messa a piangere di più e lui sotto con le coccole e la mia rabbia saliva, saliva e poi era arrivato Bianco vestito di nuovo e niente l'apice del piacere lo ebbi quando con la sedia ne feci secchi tre di fila. Certo, Bianco nascosto sotto il tavolo, dietro la guardia che tremava non era un gran spettacolo, ma poi mi impunturarono e nei miei sogni Bianco era sempre ‘’U saraceno’’ della casa stregata di Renato Pozzetto che mi portava via... 
Pensando al saraceno mi ritornò l’entusiasmo
e cercai di procurarmi un occhio nero e qualche ecchimosi sul viso. Questo per intenerire Bianco. Scelsi bene chi mi avrebbe potuto aiutare. Secondo la mia esperienza le più razziste sono le straniere, infatti puntai su una palermitana che mi sembrò alquanto litigiosa, ma secondo me i capelli erano finti quindi se glieli acchiappavo e tiravo si abbassava di cinque centimetri, poi potevo divertimi con le unghie finte, tipo te le spezzo o non te le spezzo. Ad ogni modo l’avvicinai a mensa rubandole il pane davanti gli occhi, ma lei manco una piega. Poi passai alle polpette di finta carne e le finte verdure chimicamente venute su. Ma, niente. La ragazza non piaceva mangiare e quando le rubai il posto e le versai le polpette addosso non disse una parola. 
Mi innervosii sto karma che aveva… 
Allora, nella nostra ora di libertà mi piazzai vicino a lei e iniziai a dire cose tipo: «Tu bella mia i capelli li hai ereditati dal mocio Vileda e dal tuo naso sembra che ci debba passare un transatlantico. Poi hai le orecchie talmente grandi che Dumbo non sa più chi è sua madre e ti vesti talmente male che sembra che il circo sia giunto in città.»
Lei manco una piega… manco mi ascoltava… 
Stavo per arrendermi alla sua esemplare padronanza quando poco prima che venissero i parenti mi scappò da dire: «Oh ma, c’è Brunetta?? Ci sarà mica le tivi?» una stilla d’odio riuscì a trapassarmi persino l’adipe e mi ritrovai la siciliana attaccata alla mia faccia che mi urlava: «Queeellooo è il mio signooore e maariitooo!! Porta rispeeeettoo capitooo!? A sì no ti fazzu diventari condimento du barattoli du tonno e cu tia ci ni vonno miliardi di barattali!»
Punto primo, sapeva di aaaglliooo e mi fece venire solo voglia di dargli un morso se non avesse uno strato di sporcizia sulla pelle. Punto secondo offendermi sulla grassezza e era come dire che Chiara Giovanna avesse un bellissimo carattere. Volevo acchiapparle la testa, ma non sapevo dove mettere le mani in tutto quell’unto e poi mi ricordai che dovevo prenderle per una volta… e la mia buona stella fatta di crack per una volta mi portò appena in tempo Bianco. Appena mi accorsi che Bianco guardava, feci le labbra da bambina e iniziai a mugugnare e mi girai. Appena ebbi di spalle Bianco gli sussurrai sottovoce alla siciliana: «Ma, il tuo signore marito lo sa che domani c’è scuola?» allora lei mi mise una mano zozza sulla spalla e io chiusi gli occhi pronta per essere menata e niente lei si mise a piangere! Non la picchiai perché se no avrebbe pianto ancora di più, allora cercai di scrollarla per dargli forza e questa mi diede una craniata che sentii il naso che mi si rientrava. Caddi per terra e per un attimo persi i sensi, ma poi mi ritrovai Bianco che mi guardava dal letto dell’infermeria. Afferrai Bianco che mi era mancato davvero molto, per dargli un bacio di vero amore, ma lui disse che il sesso mi avrebbe potuto fare male. Allora io gli dissi che avevo solo il naso ingessato ma tutto il resto era libero, molto libero! Allora io feci finta di aver perso la memoria per intenerirlo, ma invece di intenerirlo questo mi mandò in crisi il mio Bianco, anima fragile quando voleva lui. Io feci tutta la timorosa e lui si avvicinò, appena lo acchiappai lui si tirò su di scatto e mi sfuggì. Sul verbale della mia morte di crepacuore mettete pure che sto giochino piaceva solo a lui. In quel momento mi partì la depressione vera, e mi voltai di lato e non lo guardai più. Sentii che Bianco era imbarazzato dal suo rumoreggiare fastidioso dei denti. Ma, io feci l’offesa e attesi, ma lui prese e se ne andò. Allora mi sedetti nel letto e dissi all’altra degente: «Ma io dico??»
L’altra replicò: «L’è hom, l’è bruta bestia!» 
«Bianco l’è no una bestia. L’è so è hom una bruta bestia!»
Un pochino pure lei con tutti quei peli che le uscivano dal naso e dalle orecchie. La ignorai. 
«Pur il mio hom l’era una brutta bestia, ora è mangime per bestie. È la vita che l’è così.» Non avevo neanche la forza di risponderle male. La botta mi stava rendendo fiacca. Dopo una settimana, arrivò Bianco con un album delle nostre nozze. Io sarei anche stata emozionata da tutto ciò se non avessi sonno e non mi avesse svegliata sul più bello con Bianco ‘’u saraceno’’. Invece mi ritrovai con Bianco il piagnucolone che mi teneva sveglia asciugandosi le lacrime sul mio lenzuolo. Allora gli dissi che mi ricordavo di lui per liberarmene e tornare da Bianco saraceno, ma Bianco piagnucolone iniziò ad abbracciarmi e mi baciava e la cosa mi piaceva e io mi facevo abbracciare e lui diventava più tenero e intanto la vicina di letto continuava a ripetere che gli uomini eran brutte bestie. Io la ignoravo, ma Bianco no, e le si parava davanti e le diceva che lui era un uomo fatto e finito! Allora la signora si alzò dal letto e si avventò su Bianco morsicandolo e graffiandolo!! Solo io potevo graffiare e morsicare Bianco! Eh, no a tre non si faceva niente! Presi la signora da dosso a Bianco e la buttai fuori dalla stanza. Allora cercai di approfittare di Bianco sul pavimento. Lui sembrò starci quando le guardie credettero che fossi stata io a morsicarlo e graffiarlo e quindi mi sedarono. Era stata la morsicatrice a fare la spia.
Io gridai: «Ha cominciato prima lei» ma, poi il sonno mi avviluppò e passai il tempo a cercare il saraceno, ma niente, manco lui si fece trovare. Allora decisi di dormire anche nel sogno e così passò un’altra settimana intera. 

Infermeria del penitenziario di Piccolini (frazione di Vigevano) Quarantesimo tentativo: la catalessi 
(Venuto da solo)

In verità non era proprio un tentativo, era il risultato di quaranta tentativi andati a male. Mi ritrovavo su di un letto di un penitenziario con il naso fratturato e una compagna di stanza mezza carnivora che ogni tanto mi strizzava l’occhio. Dovevo essere il suo Eldorado di ciccia da morsicare. Ma, io non me la filavo e facevo finta di non vedere che ogni tanto cercava di avvinarsi strisciando al suolo tipo ninja. Mi bastava girarmi e tirargli una loffa. La sentivo retrocedere confusa. Bianco era venuto, ma io guardai lui e il suo mazzo di fiori gigantesco che mi aveva portato, erano le sue rose. Bianco aveva scrollato la testa depresso al mio depresso ringraziamento, mentre stavo cadendo di nuovo in catalessi mi accorsi che Bianco diventò rosso e poi verde mentre si accorse che Concetta gli stava mangiando le sue rose e allora cercò di lottare con lei finché non la ebbe vinta e allora iniziò a fustigarla con i gambi, nominando ogni rosa per nome. Intervennero le guardie su Bianco, ma poi lo dovettero consolare per l’accaduto delle rose. Io non dissi una parola e allora lui sconsolato se ne andò. Intanto io me la dormii, ma in sogno mi feci una grassa e grossa risata di soddisfazione. 

Infermeria del penitenziario di Piccolini (frazione di Vigevano) Quarantunesimo tentativo: la danza erotica di Bianco 
(Ideata dalla guardia mentre Bianco piangeva)

Il Mattino seguente ero più desta anche se l’umore era ancora tetro. Bianco entrò in stanza deciso. Non so come ma era riuscito a passare nonostante fosse venuto il giorno primis. Mi guardò e puntandomi il dito mise giù la radio e si levò la maglietta. Concetta non so dove fosse finita. Io sorrisi senza pensare a niente. Mentre Bianco, il mio wurstel di pollo, stava facendo roteare la maglietta davanti al mio letto e cercava di levarsi i pantaloni con la nonchalance di un paraplegico, entrò in stanza Concetta e che ve lo dico a fare appena lo vide gli azzannò la chiappa e Bianco urlò e cercò di scrollarsela via, ma a quanto pare la dentiera di Concetta era a tenuto extra strong e ci vollero le solite guardie per estirpargliela e poi consolare Bianco, che tanto per gradire piangeva con loro. 

Infermeria del penitenziario di Piccolini (frazione di Vigevano) Quarantaduesimo/ Quarantaquattresimo tentativo: La chat bollente. La vittoria delle chiappe di Bianco 
(Consigliato dai dottori che medicavano Bianco)

Il terzo giorno stavo abbastanza bene, ma non del tutto. Bianco fece pervenire in stanza un tablet e mi dire che era per tenersi in contatto con lui. La guarda mi strizzò l’occhio, ma poi arrivò Concetta e la guardia cambiò espressione e se ne andò stando ben lontano da Concetta. Accesi il tablet incuriosita, ma poi siccome stavo meglio mi riportarono in cella. E il tablet rimase nel comodino. Non riuscì ad avvisare Bianco, lo dissi alla guardia, ma forse si dimenticò e purtroppo per Bianco, Concetta lo prese e iniziò a leggere ciò che Bianco mi scrisse e iniziò a rispondergli leccandosi le labbra, son sicura. Alla visita dopo Bianco arrivò arrabbiato mise la ciambella sulla sedia e appoggiando il pannolone si adagiò con molta lentezza. Disse che mi aveva chiesto quando Concetta non era in stanza per fare cose e quando era arrivato chi aveva trovato?? Concetta più affamata che mai. Questa volta Bianco appena lei gli era saltata addosso lui le aveva dato una craniata e lei era caduta per terra, ma mentre cercava di farsi aprire la porta agitato Concetta gli era saltata di nuovo addosso o meglio sulle chiappe. E niente Bianco che piangeva, guardie più disperate di lui di vederselo ancora lì e Concetta senza denti. La dentiera si dev’essere incastrata fra le chiappone del mio Bianco e questa volta le chiappe avevano avuto la meglio per la gioia di tutti. 

Quarantaquattresimo/Quarantacinquesimo/Quarantaseiesimo/Quarantasettesimo tentativo: La scarcerazione. La lettera scomparsa. Il tentato suicidio. Il vichingo 
(Tutta colpa del Buzzicone)

Finalmente i giorni di detenzione terminarono e io me tornai nella mia dimora. Al mio arrivo trovai tutti ad attendermi, la Maria con il suo funebre nipote, Valdho il mio filippino di sfiducia, il farmacista buzzicone e molti altri. Io sorrisi ed ero tutta emozionata e anche se frastornata. Bianco era particolarmente gentile. Ad un tratto mi parve di non essere stata in prigione, ma in un ospedale psichiatrico e tutti adesso erano preoccupati per me o di me. Capivo questo dettaglio dal modo in cui mi gridarono: Oh nooo!! Quando presi il coltello per tagliarmi una fetta di salamino oppure quando si buttarono per terra quando volevo solo spostare una sedia. L’esagerazione toccò il culmine quando mi appartai in cucina perché il buzzicone aveva preso in ostaggio il mio bagno da venti minuti. Una volta in cucina, ne mollai una che la stanza prese subito odore di gas… ecco!! Ma, da questo, a pensare che mi volevo suicidare con il gas ce ne voleva!! Ad un certo punto ne mollai un’altra più potente e finalmente se ne andarono tutti a casa! Tutti tranne uno, quello chiuso in bagno! Stanca mi distesi sul letto e Bianco si avvicinò a me suadente. Io sorrisi, lui sorrise e poi il Buzzicone chiamò un attimo Bianco e gli parlò fitto fitto e allora mi avvicinai per origliare meglio e mi arrivò la porta in faccia e io caddi e loro mi fissarono strani. Il Buzzicone con un foglio in mano e mi disse: «Confessa donna!! Chi volevi rapire?? Chi è i wa-sa-bi-ko-uyt-lo-ui-ou? Perché lo chiami rimba vichingo?» a quel punto anche Bianco scrollò la testa e disse: «allora volevi fuggire con lui?? Non vuoi più il tuo Bianco?» io mi avvicinai gridando che non avevano capito niente!! Ma, loro siccome avevano paura si allontanarono. Li rincorsi per un po’ poi mi finì la pazienza chiamai la Maria per farla venire e fargli spiegare loro. Intanto me ne andai sul balcone della camera da letto per prendere aria. Ora, dal balcone, se fossi salita sul parapetto della ringhiera avrei potuto acchiappare le pesche del vicino che erano buonissime. Non capivo se erano così buone perché era un bravo giardiniere o solo perché quando mi scappava la facevo vicino all’albero perché era molto riparato. Chi lo sa! Mentre acchiappavo la pesca e tiravo sento la voce della Maria che mi gridò di non buttarmi. Aveva le mani sulla testa e urlava come un’ossessa. Allora gli tirai la pesca. Ma, guarda un po’ se alla sua età doveva fare tutte ste pagliacciate per una pesca? Arrivò pure Bianco e il Buzzicone. Al Buzzicone non gliela davo la pesca!! Schifosone!! Dalla rabbia tirai troppo il ramo e mi restò in mano e io traballai e allora Bianco gridò: «Amoooreee nooo. Te lo porto io il Vichingo!!» ANCORA STO VICHINGO??? Dalla rabbia gli tirai il ramo e a quel punto intervennero i carabinieri e i pompieri. Adesso, so che erano buone queste pesche, ma tutta sta gente non se le poteva prendere da sole?? Allora gridai: «Basta!! Qui finisce…» Non riuscì a terminare la frase che una zanzara mi si posò sul braccio e io cercai di acchiapparla. Mentre stavo per uccidere la zanzara la porta della camera da letto si spalancò ed entrò Bianco e il Vichingo della bassa Padania. Avevo lasciato un vichingo che piangeva e mi incolpava e me lo ritrovavo ammiccante e tutto sorrisi. Disse che la sua cucina non era mai stata così pulita e da quando mi aveva incontrato e la sua vita era cambiata. Cosa?? Questo stava male forte, ed era pure deviato con gli anziani. Iniziai ad avere paura. Perché mai Bianco me lo aveva portato?? Questo si avvinò e io mi allontanai e iniziai a chiamare mio marito di portarmelo via. Allora Bianco accorse come un paladino e il vichingo venne scortato fuori deluso. Andai fuori con loro e tutti mi abbracciarono e mi dissero che avevo fatto bene. Io mi sentivo commossa, lo so pure io che le pesche concimate da me erano così buone.

Vigevano. Quarantottesimo tentativo: Il vichingo 2 
(A volte ritornano come l’Herpes)

Finalmente soli, io e Bianco ci abbracciammo. Lui mormorò cose molto carine e io per una volta stetti zitta. Mi adagiò nel letto, ma d’improvviso sentimmo un rumore nel nostro giardino. Pensammo ad un ladro e allora scendemmo armati e lentamente quando non beccammo il vichingo che sta scrivendo (anche male) il mio nome con le rose di Bianco. Bianco divenne il saraceno per la persona sbagliata. Iniziò a rincorrerlo con la mazza e non si vede più per ore. Tanto che mi addormentai e fino al mattino non lo sentii rincasare. 

Vigevano. Quarantanovesimo tentativo: Il rogo
(Colpa di Bianco)

Al mattino Bianco continuò ad essere galante e mi disse di andare a farmi bella che al pranzo ci avrebbe pensato lui. Al ritorno la casa era un luccichio e Bianco era più saraceno che mai. Iniziammo a bere e a bere e a ridere come matti di tutti questi giorni e mesi con l’ossessione di quel maldetto libro. Sì, in quel momento mi resi conto che di come fosse colpa di quel libro se le cose non funzionavano con Bianco. Allora presa dal raptus bruciai il libro davanti ad un soddisfatto Bianco. Solo che lo facemmo da ubriachi e la cosa ci scappò di mano e sarà che Bianco senza più pensare al libro che stava bruciando sul lavandino gli tirò la mia camicetta, sarà che la tenda era vicina al lavandino fatto sta che ci ritrovammo i pompieri in casa e la cucina mezza bruciata.

Vigevano. Cinquantesimo tentativo: La vittoria.
(U saraceno)

Ci ritrovammo nel giardino quando l’ultimo pompiere ci salutò comprensivo. Avevamo la faccia di due babbei, ma ad un certo punto Bianco mi disse: «No! Io non mi arrendo.»
 Mi fece salire in macchina, così come eravamo. Mi portò in posto in cui andavamo da giovani e lì distesi sul prato Bianco il saraceno prese vita, finalmente solo per Chiara Giovanna, sì solo per me medesima! E si conclusero così i miei tentativi con una vittoria schiacciante di Chiara Giovanna su quella sgallettata di Anastasia e il suo perverso compagno. Perché l’amore è una cosa semplice se semplicemente fai le cose semplici! Capito? No? Vabbè, ve lo spiego un’altra volta che adesso ci ho da fare con il mio Bianco! Alla prossima!


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