Nel racconto la Piccionessa si raccontano la vicissitudine di giovani di paese. Gianni e Anita si amano ma a Gianni sta stretto il paese dove vive ( e la mentalità siciliana) ed troppo giovane per poter gestire dentro il sé il peso del grande amore di Anita. La Piccionessa, una ragazza spregiudicata che il paese a cosi ben etichettato, darà modo a Gianni di capire davvero cosa vuole dalla vita.
In questo racconto ci sono tre personaggi con tre caratteri diversi. Gianni che vorrebbe fuggire via ma finisce fra le braccia della Piccionessa. La Piccionessa che infondo vive e lascia vivere. Non le importa del giudizio del prossimo e fa quel che vuole. Anita, ragazza di paese, che sa di terra e mare, troppo ingenua per il suo Gianni ma perno di ogni suo decisione fra giusto e sbagliato. Ognuno dei tre, come gli altri personaggi che fanno da contorno, la ragionano a modo loro e non credo ci sia un modo giusto o sbagliato di ragionare. Ognuno è figlio (certe volte vittima) del proprio retaggio culturale.
Dal racconto
«Tu scappi come me frate, è perché ti dissi no? Usai picchí? Picchí io ti dissi ti amo, tu rispunnisti ti vogghio bene! U bene nun è amore Gianni! » Gli tremava la mano da dentro la mia. Me lo ricordavo benissimo quel giorno. Non le dissi ti amo perché a vent’anni non si dice ti amo, se non desideri dalla vita ciò che desidera lei. Mi faceva paura quel ti amo, così come lei e il suo forte sentimento nei miei confronti.
«Quasi quasi t'accompagnò e se a vio ci staccò a testa e c'ha mettu supra u bambolotto nell'ortu, come nu spaventapasseri .»
«Sempre violenta tu eh…» dissi sorridendo all'idea di un piccione come spaventapasseri.
«Picchì tu nun si gelusu di mia che rimango ca' ? Te lo dico in italiano affinché tu capisca bene, io non ti aspetterò, perché se tu vuoi la tua libertà è giusto che tu l'abbia senza code in giro» Poi buttò giù per terra la bici e mi baciò.
«Anita …» Cercavo parole che non volevano essere trovate, lei mi guardava serrando le mani in tasca.
Anita sapeva di mare, di terra. Non profumava era semplicemente l'essenza della sua terra, qualcosa di meraviglioso da respirare.
Aveva gli occhi da cerbiatta con quella faccia buffa tutta bocca. Non credo che esista nessuno al mondo, che conoscendo Anita Latino, non abbia desiderato almeno una volta baciare quelle sue deliziose labbra.
Poi si sciolse dall'abbracciò e sarà stato pure tutto quel suo discorrere indipendente, quel suo voler andar via da me che mi indusse a trattenerla con le mani. La strinsi ancora più forte e le disse all'orecchio: «Stringimi di più.» Lei sulle prime rimase rigida, ma dopo mi strinse a sé completamente. Rannicchiata dentro l'incavo della mia spalla mi mormorava: «Non andare ti prego, non te ne ire .» Ma io chiudendo gli occhi gli risposi: «Ca' moro Anita .» Allora lei mi spinse via con violenza e gridò: «Inca' allora mori .» E mi diede un calcio, poi prese la bicicletta e pedalò via. Chissà dove pianse la mia povera Anita.
abitate da poco una terra antica, dipinta con le tibie di albe greche, col sangue di chi è morto in Russia, in Albania.
Avete dentro il sangue il freddo delle navi che andavano in America,
le grigie mattine svizzere dentro le baracche.
Prima il mondo filava le sue ore lentamente e ogni scena era per tanti, tutti insieme nel pochissimo bene che c’era e nel male che
aveva il suono sotto le coppole e le mantelle nere.
Era la terra dei cafoni e dei galantuomini, era il sud dell’osso, era un uovo, un pugno di farina, un pezzo di lardo.
Ora è una scena dissanguata, ora ognuno è fabbro della sua solitudine e per stare in compagnia si è costretti a bere, a divagare nel nulla, a tenersi lontani dal cuore.
È uno stare che non contesta niente, ma è senza pace, senza convinzione.
Ora non vi può convincere nessuno. Dovete camminare nel mistero di questa epoca frivola e dannata, in questa terra che muore e che guarisce, dovete stare nelle crepe che si sono aperte tra una strada e l’altra, tra
una faccia e l’altra, tra una mano e l’altra.
Tutto è spaccato, squarciato, separato. Sentiamo l’indifferenza degli altri e l’inimicizia di noi stessi.
È una scena che non si muta in un solo giorno, ma è importante sollevare lo sguardo, allungarlo: la rivoluzione del guardare.
Uscite, contestate il vomito invecchiato su una mattonella a cui si è ridotta la politica.
Contestate con durezza i ladri del vostro futuro: sono qui e a Milano e a Francoforte, guardateli bene e fategli sentire il vostro disprezzo.
Siate dolci con i deboli, feroci coi potenti.
Uscite e ammirate i vostri paesaggi, prendetevi le albe, non solo il far tardi.
Avvolgete con strisce di luci le ombre in cui dimorano i vostri nonni.
Vivere è un mestiere difficile a tutte le età, ma voi siete in un punto del mondo in cui il dolore più facilmente si fa arte: e allora suonate, cantate, scrivete, fotografate.
Non lo fate per darvi arie creative, fatelo perché siete la prua del mondo: davanti a voi non c’è nessuno.
Il sud italiano è un inganno e un prodigio. Lasciate gli inganni ai mestieranti della vita piccola. Pensate che la vita è colossale.
Siate i ragazzi e le ragazze del prodigio.
Aneddoto di Sciascia
“[Su Luigi Pirandello] E voglio finire con un aneddoto che riguarda il Pirandello siciliano e che, nella dilagante stupidità di oggi, che tende a relegare la Sicilia in una particolare etnia (si ha il pudore di non usare la parola "razza": ma soltanto di non usarla), assume un grande significato. Nel 1932 Emilio Cecchi, che dirigeva la Cines, comunica a Pirandello l'intenzione di trarre un film dalla novella Lontano. Ma ha uno scrupolo: "nella novella come sta scritta, il marinaio norvegese si sente irresistibilmente attratto da una vita più vasta, e dai ricordi della patria, per il fatto di trovarsi legato, con il matrimonio, ad un ambiente meno che meschino; in fondo è in lui l'insofferenza dell'uomo appartenente a civiltà più energiche e libere, naufragato in un'isola abitata da gente ristretta, fra la quale egli sente mancarsi il fiato". Cecchi, scrittore che tuttora amo, era affetto da una invincibile idiosincrasia nei riguardi della Sicilia, dei siciliani: e la si può più immediatamente riscontrare nei suoi Taccuini, oltre che in questa sua lettura della novella Lontano. La novella non sta scritta come lui la leggeva; e Pirandello infatti così risponde: "Caro Cecchi, il contrasto non è tra due civiltà; ma tra due vite naturalmente diverse, quella di un uomo del Nord e quella di una donna del Sud; e il dramma che ne nasce, il dramma di restar "lontano" tra i vicini più vicini: la propria donna, il proprio figlio. Non c'è dunque da farsi scrupoli sulla natura di quelli a cui Lei mi accenna. Tutt'altro! Non era, né poteva essere nelle mie intenzioni di rappresentar barbara o di civiltà inferiore la Sicilia…"” — Leonardo Sciascia scrittore e saggista italiano 1921–1989 Naturalmente, il film non si fece. Ma queste parole di Pirandello restano, ci restano. Sulla vita, Sul matrimonio, figlie, Natura
Fonte: https://le-citazioni.it/argomenti/sud/
Un film che mi ha ispirato il racconto è stato Malena (di Giuseppe Tornatore)
Qui un commovente riassunto che fa anche da colonna sonora al racconto.
Film tratto da una storia vera di una donna del sud, la nonna del protagonista, Massimo Previtero, vissuta nel periodo della seconda guerra mondiale che racconta le sue vicissitudini al suo caro nipote attraverso una lettera che troverà anni dopo la sua morte.
Un film girato con pochi mezzi a costo zero e con attori non professionisti che si cimenatno per la prima volta davanti alla telecamera ad eccezione di Massimo Previtero.
Post intessante. Dedicato al sud ma non ai soliti cliché con cui ci assoggettano. Grazie!!
RispondiEliminaGrazie. Nel mio piccolo cerco di dare punti di vista differenti.
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