Disturbia

 


«Dicono che Veronica sia scappata dal collegio e che si sia unita a un viandante e che insieme facciano strane cose, di villaggio in villaggio, dicono che non si faccia chiamare più Veronica, ma Velen.» 

«Dicono tante cose…» rispose Artemisia in segno di resa al pettegolezzo. 

Una giovane insegnante venne e chiamò con fare severo: «Artemisia? Il giovane Enea Gentileschi l'aspetta in sala principale, non lo faccia attendere» 

Artemisia scese di malavoglia le scale che portavano all'ingresso del collegio Sant'Andrea, intanto si chiedeva scocciata cosa volesse da lei il baronetto Enea Gentileschi. Il giovane si era fatto veramente bello, dovette ammettere Artemisia. 

«Che cosa volete giovane Enea?» Chiese subito Artemisia senza preamboli. 

«Buongiorno Artemisia, vedo che vi siete fatta ancora più bella. Mi chiedevo se potreste venire al ballo con me, questa sera» chiese arrossendo Enea. 

«Suppongo, mio giovane baldanzoso baronetto, che suo padre questa volta sia d'accordo» 

«Supponete il vero, allora verrete?» 

«Vi farò sapere» chiuse la conversazione Artemisia.

  «Oh com'è impudente la vostra fanciulla…» dichiarò una voce quando Artemisia se ne fu andata. 

«Non è la mia fanciulla... ma aspetti, lei chi è?» Enea cominciò ad arrossire. 

«Mi chiamo Velen e una volta studiavo qui» disse la giovane e bella ragazza. 

«Se porterete Artemisia al ballo, vi prometto sarà vostra» disse Velen suadente, ma appena Enea si voltò in risposta, lei era già sparita. 

 Enea non ci pensò poi molto, prese come segno propizio quell'incontro. Chiamò a sé Nicoletta, un'amica di stanza di Artemisia, che stava passando di lì accanto e disse: «Dama Nicoletta, sempre incantevole, come state?» Nicoletta lo guardò con i suoi grandi occhi lucidi e civettuola sorrise dicendo: «Ogni volta che la vedo, sempre meglio baronetto Enea». 

«Potete dire alla vostra malmostosa compagna Artemisia, che stasera esigo che venga al ballo e che le farò una sorpresa? Volete essere così garbata da riferirle il mio messaggio mia gentil dama?» 

 In un soffio Nicoletta lo salutò e volò a cingere i fianchi di Artemisia, che in quel momento si stava specchiando. All'immagine allo specchio disse: «Devi accettare l'invito di Enea! S'è deciso il ragazzo finalmente!» Artemisia rise alle sue parole e se la scrollò dalle spalle. 

«Se vuoi che io venga, verrò cara amica mia, ma non certo per il nostro giovane baronetto» Nicoletta la baciò sulle guance felice. 

 Anche al di là del bosco, un'altra ragazza provava il suo abito migliore. Era Velen, che si guardava allo specchio vanitosa. Anche Il suo compagno di viaggio Carl la guardava. 

«Saresti senz'altro meglio nuda, che con tutta sta roba che cela anziché scoprire» disse Carl. 

«Devo fare gran scena Carl e pure tu! Quindi vestiti, sii affascinante» 

«Sceglierai alla festa, la tua preda?» Chiese Carl serio alzandosi. 

«Ho già scelto. C'è solo da catturarla e portarla qui, ne sarai fiero non ti preoccupare!» 

 Il ballo del solstizio d'inverno era una tradizione centennale, di cui il collegio di Sant’Andrea si fregiava. Un'occasione attesa tutto l'anno, dove le studentesse facevano a gara a chi avesse il vestito più sfarzoso e l'accompagnatore più bello. Artemisia e Nicoletta non erano da meno e in quel momento non la finivano più di ridacchiare, mentre si aiutavano l'un l'altra a stringere corpetti e ad arricciarsi i capelli con il ferro. Scesero nella Sala di Cristallo addobbata a festa e con un inchino formale salutarono i loro accompagnatori. Artemisia non poté fare a meno di notare che il baronetto Enea era davvero splendido, nella sua alta uniforme, che metteva in risalto il fisico asciutto e gli occhi vivaci color del miele. Dal canto suo lui rimase senza fiato. 

«Siete incantevole mia dolce damigella!» Lei rise civettuola e si lasciò prendere sottobraccio per unirsi alle danze. Velen osservava la sala con un ghigno soddisfatto da un angolo in penombra. Tutto procedeva secondo i piani. Già pregustava nella sua mente il sapore della lunga notte di luna. Sentiva il gusto del sangue di Artemisia, sangue giovane e puro, ne percepiva il profumo anche a quella distanza e se lo rigirava nel palato bramoso. Osservava il giovane corpo di lei e i suoi seni pieni e pregustava i piaceri che ne avrebbe tratto. I suoi pensieri furono interrotti da Carl, bellissimo nel suo completo verde. Si muoveva rigido, si capiva che era a disagio. 

«È il momento?» Chiese in crescente apprensione. Sopportava l'astinenza molto peggio di lei, che invece sapeva attendere e pregustare. 

«Non ancora. Abbi pazienza mio bramoso cavaliere, e fidati di me, ne varrà la pena aver atteso così a lungo» Lui la guardò docile, quasi sottomesso, ma con occhi pieni di affamata bramosia. 

«Lo spero, sento che sto per perdere il controllo» 

Velen perlustrò la sala da ballo cercando la sua preda, ma non la vide e cominciò a essere delusa. 

«Non c'è» mormorò piano a Carl che la stava conducendo nelle danze. 

A quelle parole Carl perse la pazienza e mollò Velen in pista dirigendosi fuori a prendere una boccata d'aria. Nel grande terrazzo c'era una coppietta, in cui già si percepiva la timidezza di lui e il caratteraccio di lei. Si fermò divertito a guardare la scena. 

«Noi ci conosciamo da tanto Artemisia». 

«Dunque?» S'intromise lei. 

«Dunque... io mi chiedevo… se posso… venire a farvi visita più spesso» 

«Ah, se è solo per questo certo» chiosò Artemisia con una sfumatura ironica che lui non colse. Lui divenne paonazzo per l'emozione e stava per continuare quando venne chiamato dal padre. Si accomiatò cerimoniosamente da un'annoiatissima Artemisia. 

 «Dovreste essere più gentile quando parlate al vostro fidanzato» disse Carl divertito dagli occhi fiammeggianti di lei. Notò pure, come un pugno allo stomaco, la linea morbida del suo collo e la delicatezza del colore tenue della pelle. 

«E voi chi siete? E che vi impicciate? Non è il mio fidanzato!» Lo redarguì Artemisia scandalizzata dall'essere stata pizzicata da uno sconosciuto. 

«E di questo passo non lo diverrà mai» aggiunse lui, prima di pigliarsi uno schiaffone in piena faccia. Lui la guardò sorpreso, ma lo sguardo fiero di lei gli fece divampare un odio, che lo avvolse e si mischiò al desiderio di quel collo e decise di fargliela pagare, un giorno. Lo sentì fin dentro le viscere. 

Artemisia prese e se ne tornò dentro, nel mentre si era avvicinata Velen compiaciuta e ingelosita. 

 «Voglio tornare a casa, Nicoletta» disse Artemisia all'amica.  

«Oh, mon dieu! Che ti hanno fatto! Sei tutta rossa» 

«Un brutto incontro, anzi due, sul gran terrazzo» rispose Artemisia ancora confusa per la sua irosa reazione. 

«Oh, grande Giove! Ma quella non è Veronica? E quel bel giovane dev'essere il viandante! Ma che bel viandante. Solo io incontro uomini rozzi? A guardare le sue scarpe, o è ricco o è ladro» disse Nicoletta guardando attraverso la spalla di Artemisia. 

«Nicoletta posa quel monocolo e reprimi un po' quella tua voglia di baci, per l'amor di Dio!» A quelle parole Nicoletta s'irrigidì un po', nonostante il bene che le voleva, certe volte era fin troppo acida pure con lei. 

«Si stanno avvicinando a noi» commentò Nicoletta sulle sue. Artemisia fece una smorfia. Fra lei e Veronica non era mai corso buon sangue, anche se non avevano mai litigato direttamente. Nicoletta invece più affabulatrice, andò incontro loro cinguettando: «Veronica! Vi vedo bene! Oh, ma che bel cavaliere che oggi ci portate!» 

«Velen! Cara Amica! Non hai saputo delle novità su di me?» 

«Dicono tante cose» chiosò Nicoletta mentre Artemisia era un gatto di marmo, che non si degnò di salutarli. Allora Velen presentò il suo accompagnatore e Carl fece un perfetto inchino, mandando in estasi Nicoletta. Artemisia lo guardò come un insetto, ma dal suo sguardo Velen capì che Carl le piaceva. Carl non sembrava essersene reso conto. In fondo era un uomo, e i gemiti inespressi di una donna mica li poteva percepire. Un baciamano improvviso da parte di Carl fece tornare Artemisia alla realtà. 

«Carl Dellatorre, piacere di conoscerla, Madame» Ma Artemisia senza pensarci tolse subito la mano da quella di lui e pulendosela sul vestito esclamò: «Finché frequenterà certe donne non è mio piacere conoscere voi» Poi si girò sui tacchi e andò via con una Nicoletta di mille colori che le gridava dietro: «Ma che ti ha fatto il mondo amica mia! Se continuerai ad offendere la gente, quando mi sposerò non ti credere che t'inviti»

Artemisia si fermò e commentò: «È una strega, Nicoletta!» 

«Ma non lo sappiamo con precisione. E quel bel giovane come può esser così dannato!?» 

«Comunque, io mi avvio a casa, tu resta e fatti portare i sali da qualche bel ragazzo per il finto svenimento che avrai da qui a poco» 

Nicoletta stizzita tornò nella sala principale. 

 A Carl scappò da ridere e di sottecchi guardò la compagna che era nera come la morte. 

«Ah, tu ridi!» Sibilò Velen precipitandosi a inseguire Artemisia. Anche Carl la imitò, ma ebbe più fortuna di lei, infatti la intravide subito mentre si congedava da una compagna di scuola. Appena Artemisia si rese conto di essere osservata, senza domandarsi il perché, iniziò a correre, ma cadde e lui fu gli fu addosso. Non chiamò subito l'amica, voleva qualche minuto solo con la ragazza ribelle. 

«Saresti una strega meravigliosa, ne hai la stoffa. Se vuoi ti posso liberare da Velen» 

Artemisia lo guardò orripilata e rispose: «Crepate entrambi» Allora lui perse la pazienza e a quel punto gli assestò un mal rovescio. La cosa che lo stupì fu che lei non reagì minimamente. In cambio gli sputò addosso. A lui a quel punto brillarono gli occhi di gioia e desiderio. Carl le prese il viso fra le mani e a un palmo dalle sue labbra disse: «Un giorno mia cara, avrai il desiderio che io ti baci e questo sarà la tua condanna» Di tutta risposta lei gli morse le labbra, spaccandogliele e cercò di scappar via. Carl inferocito la prese per uno stivale e la trascinò a sé, rompendole la gonna a metà. Soddisfatto dalla vista delle sue gambe con il suo coltellino finì di strapparle la gonna lasciandola in mutande. Artemisia cercò di calciarlo via, ma lui aveva la sua gamba e la teneva stretta, sotto il braccio muscoloso. 

Un rumore di un animale richiamò la loro attenzione e Artemisia lesta scappò via dalla stanza, dirigendosi fuori in direzione del bosco, con lui alle calcagna che la inseguiva. Artemisia ansimava e aveva paura, le mancava il fiato, si era fermata a ridosso di un albero e cercava di pensare alla prossima mossa, ma trovò Velen e anche lei in un lampo le fu addosso buttandola per terra. La prese subito alla gola e strinse forte, fino a sentirne le vene e poi le morse il collo da cui iniziò a uscire copiosamente il sangue. Il sangue di Artemisia era dolce e d'improvviso Velen iniziò a leccarglielo. Senza smettere di tenerla stretta e ferma per i capelli. Artemisia smise di muoversi e con la mano cercò un qualcosa nelle vicinanze. Trovò un sasso e con tutte le sue forze glielo spaccò in testa. Velen gridò e accusò il colpo tanto da permetterle di liberarsi dalla sua presa e iniziare a correre di nuovo nel buio della foresta. Si ritrovò nel cimitero che stava a ridosso del bosco da cui era scappata. 

Sentiva le voci dei due, che concitati la cercavano, aveva freddo e il collo le faceva male da morire. Capì che doveva trovarsi un'arma e uscire da lì. Ma capire non era il problema, realizzarlo lo era. Se avesse potuto orizzontarsi...  

Artemisia continuava a strisciare nella foresta, si domandava da chi dovesse scappare. Non trovava un'arma e non sapeva nemmeno quale arma sarebbe stata in grado di ferirli a tal punto da potersi avvantaggiare, per poter correre a casa. E inoltre, dov'era finita? Dove si trovava adesso? 

A destra c'erano alberi e a sinistra cespugli altissimi! 

L'unica luce che le permetteva di vedere i suoi piedi infangati era quella leggiadra della luna. Provò dunque a seguirla, utilizzando i tronchi degli alberi come sostegni per i brevi attimi di riposo che, però, non duravano abbastanza per farle riprendere il respiro. Con il cuore palpitante, intravide la speranza di incontrare una persona qualunque, così infatti avvenne, ma lei non ne fu lieta. 

«Penso di esserti mancato. Oh, dici di no?» Carl era ricomparso e la braccava. Sembrava non curarsi del sangue che colava dal suo labbro. 

«Che dici, forse è ora di presentarsi? Tu pensi di sapere chi è Velen e probabilmente della mia esistenza non hai mai sospettato. Ci sono delle voci che corrono nel villaggio. Mi sono divertito un po' con te prima, ma ora non c'è più nulla da ridere. Nessuno è una strega» lui le girava attorno come uno squalo affamato. Artemisia non poteva far altro che attendere una sua mossa per poter agire. Aveva deciso di confonderlo, depistarlo, agendo in un modo che non si sarebbe mai aspettato. Avrebbe acconsentito. 

«Siamo esseri primitivi, non nel nostro aspetto raffinato bensì nelle origini. Godiamo parecchio a mascherarci illudendo le vostre aspettative. Avrai capito che non riveliamo il nostro vero aspetto. Farò un’eccezione» il suo sproloquiare venne interrotto dall'arrivo di Velen e il piano di Artemisia si sgretolò. 

«Che diamine stai facendo?!» Carl non rispose, colto alla sprovvista. 

«Non siamo qui per divulgare informazioni, attieniti alla procedura!» 

Improvvisamente la visuale di Artemisia si oscurò e svenne.  

Quando riacquistò i sensi la situazione non era mutata. Tutto intorno era nero pece, tuttavia, la presenza di alberi era svanita. Artemisia impaurita si inoltrò in una caverna, dove un mugolo di pipistrelli l'avvolsero regalandole un nuovo vestito fatto di trine, pizzi e piume nere. Udiva, però, delle voci provenire alle sue spalle. Era indecisa su cosa fare. Ancora stordita ascoltava le voci che parlavano una lingua sconosciuta. Non le sembravano filastrocche, ma rituali. Scalza s'inoltrò ancor di più, immergendosi nel buio totale, fin quando una luce non l'abbagliò e vide una scena che non gli parve vera: lei che danzava con Carl nella sua stanza al collegio. Si stropicciò gli occhi, si diede un buffetto, ma niente, i due parvero non udirla né vederla. 

«Siete fuoco, acqua, aria, terra e io sono colui che catalizza i vostri elementi, fornitemi una prova che sarete mia anche dopo che vi avrò rimessa al mondo» disse dunque lui accarezzandole la gola e respirando i suoi capelli. La Artemisia della visione non sembrava sé stessa, era confusa e aveva negli occhi la stessa luce di lui. Nera, cattiva, maligna. La cosa la inquietò. Ma ancor più impressionante fu sentire la sua voce rispondere: «Lo sono sempre stata!» Lui allora sorrise e chiese: «Artemisia, dimmi sei vergine?» 

Artemisia spaventatissima gridò: «Non rispondere!» Ma nessuna la udì. La sua voce non aveva suono in quella visione. Gridò e gridò. Ma nulla! Fin quando non vide sé stessa che stava per pronunciare la parola: «Sì». Una forza la pervase e dalla gola di Artemisia sgorgò un: «Noooo!» agghiacciante, che fu udito fin dentro la visione, perché entrambi si voltarono a guardarla e fu così che Artemisia si risvegliò appesa ad un palo, mani e piedi legati. Non era più nella caverna. Si trovava all'interno di una chiesa, dove sembrava stesse avvenendo una preparazione di un qualche rituale. E con somma disperazione capì, che la vittima sacrificale doveva esser proprio lei. Era stata drogata, ma adesso si era risvegliata. Artemisia sembrava più un Gesù crocifisso, invece che una povera vergine. 

Si avvicinarono molte ragazze e si misero per terra, tutte vestite di nero con i tipici capelli a punta. C'erano molte candele e la musica risuonava tetra. Entrarono Carl e Velen vestiti da sposi o almeno così sembravano. Velen aveva un coltellaccio d'argento in mano, si muovevano verso Artemisia con passo misurato. Sentivano proprio l'emozione del momento. Finché Artemisia non gridò spinta dalla visione: «No, non sono vergine! Se sacrificherete me offenderete il vostro dio Satana» I due la guardarono e un'ombra di sospetto passò loro negli occhi. Fra le ragazze iniziò un mormorio soffocato. I due sposi si guardarono imbarazzati, non si aspettavano una notizia del genere. Artemisia proseguì dicendo: «Il mio uomo è Carl, sono stata con lui, solo che adesso non solo non lo ammette, ma lo nasconde! M'ha detto che sarei stata una strega migliore di te, se solo lo avessi voluto!» Gridò fintamente delusa Artemisia. Il fatto che Artemisia potesse mentire non sfiorò nemmeno Velen che ringhiò: «Tu? Come hai potuto!?» Lui fece un passo indietro per la paura del coltello, che lei stessa impugnava e questo gesto per Velen significò colpevolezza. Ebbe una crisi di nervi e gelosia e iniziò a brandire il coltellaccio nella direzione di Carl. Fra le ragazze serpeggiò il panico, un po’ per volta scapparono tutte. Iniziò quindi una lotta tra i due, ma per sfortuna di Velen, Carl ebbe la meglio e la trafisse con il coltello. Distesa a occhi sbarrati mormorava ancora: «Come hai potuto? Che tu sia maledetto fra gli uomini per tutta la tua vita» Allora lui le chiuse gli occhi sospirando. Poi si voltò verso Artemisia e disse: «Ora io e te faremo i conti!» Si avvicinò ad Artemisia ancora legata, sempre brandendo il coltello sporco di sangue. A un certo punto lo leccò e disse: «Il prossimo sangue che assaggerò sarà il tuo, ma prima dovrai supplicarmi di finirti» Con il coltello incise una lunga linea la coscia di Artemisia. 

 «Santa pazienza, Enea! Vi sto dicendo che Artemisia è stata rapita! Manca da ieri sera dopo la festa non è più tornata!» Disse a denti stretti Nicoletta preoccupata per Artemisia. Le parole dell'amica le risuonavano in testa "è una strega"! E se avesse avuto ragione? 

«E che potrei fare dunque?» Chiese esasperato Enea. 

«Vada a salvarla!» E poi aggiunse ridacchiando dietro il ventaglio: «E poi la sposi!» Enea arrossì violentemente e non rispose. Girò sui tacchi, sellò il cavallo e si diresse verso il bosco. 

Carl dovette tagliare le corde di Artemisia per averla vicina a sé, perché Velen l'aveva assisa troppo in alto. Ma appena la ebbe portata giù, le diede uno strattone e uno schiaffo. La trascinò per i capelli verso il centro della stanza e poi disse: «Dimmelo ancora chi è il tuo uomo?» Poi premette le sue labbra su quelle di lei. Artemisia resistette, anche se minuto dopo minuto cedeva alle lusinghe dell'amore. Carl era un abile amatore, fin quando non si spinse violentemente su di lei e Artemisia reagì repentinamente. Carl preso dal desiderio aveva lasciato incautamente il coltello incustodito e Artemisia ci si buttò sopra per prenderlo, ma Carl fu più veloce di lei. Prese il coltellaccio e gli tagliò il corpetto e la pelle del braccio. Artemisia si dibatteva, ma lui la sovrastava ancora sopra di lei, fin quando la porta della chiesa cedette sotto colpi assordanti e continui di Enea e i suoi uomini, pochi minuti dopo entrarono. 

Carl lesto come una lepre, si diede alla fuga sul retro della chiesa. Dapprima cercò di trascinare pure Artemisia, ma poi rendendosi conto che stava perdendo minuti preziosi, l’abbandonò sulla navata centrale e fuggì. 

Enea mandò due guardie all’inseguimento, ma di Carl nessuna traccia, lui si diresse correndo verso Artemisia e disse: «Allora posso?» Comprandola con il suo mantello. Artemisia non gli fece finire la frase ricompensandolo con un baciò che valeva mille volte sì.



Colonna sonora



Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum

Cosa è sbagliato in me?
Perchè mi sento così?
Sto impazzendo adesso

Niente più gas nella macchina
Non si accende neanche
Niente è stato sentito, niente è stato detto
Non riesco nemmeno a parlarne
Tutta la mia vita sulla mia testa
Non voglio nemmeno pensarci
E' come se stessi diventando pazza

È un ladro nella notte
Che viene e ti arraffa
Può strisciare dentro di te
e consumarti
Un disagio della mente
Ti può controllare
È troppo vicino per confortarti

Accendi le tue luci dei freni
Sei nella città delle meraviglie
Non giocherai pulito
Attento, potresti giusto fallire
Meglio pensarci due volte
Il tuo treno dei pensieri sarà alterato
Perciò se devi esitare sii saggio

La tua mente è disturbata
È come l' oscurità nella luce
Disturbata
Ti sto spaventando stanotte?
La tua mente è disturbata
Non sono abituata a quello che ti piace
disturbata
disturbata

Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum

Quadri sbiaditi sul muro
È come se mi stessero parlando
Scollegando le chiamate
Il telefono non suona nemmeno
Devo uscire
Oppure capire come va
Questo schifo qua fuori è troppo vicino per confortarti

È un ladro nella notte
Che viene e ti arraffa
Può strisciare dentro di te
e consumarti
Un disagio della mente
Ti può controllare
È troppo vicino per confortarti

Accendi le tue luci dei freni
Sei nella città delle meraviglie
Non giocherai pulito
Attento, potresti giusto fallire
Meglio pensarci due volte
Il tuo treno dei pensieri sarà alterato
Perciò se devi esitare sii saggio

La tua mente è disturbata
È come l' oscurità nella luce
Disturbata
Ti sto spaventando stanotte?
La tua mente è disturbata
Non sono abituata a quello che ti piace
disturbata,
disturbata

Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum
Bum bum be-dum bum bum be-dum bum

Liberami da questa maledizione
Sto cercando di restare
ma sto lottando
Tu non puoi andare
Penso che io stia andando

Accendi le tue luci dei freni
Sei nella città delle meraviglie
Non giocherai pulito
Attento, potresti giusto fallire
Meglio pensarci due volte
Il tuo treno dei pensieri sarà alterato
Perciò se devi esitare sii saggio

La tua mente è disturbata
È come l' oscurità nella luce
Disturbata
Ti sto spaventando stanotte?
La tua mente è disturbata
Non sono abituata a quello che ti piace
disturbata,
disturbata

film completo

Il Diario del Vampiro 



scuola diabolica  
Remake dell’omonima pellicola del 1973
con Shannen Doherty.


Audiopoesia con download





Il vampiro è un angelo senza ali. 
Pericoloso è il suo gioco 
sotto i suoi magnetici occhi 
sotto i suoi sottili sensi. 
Egli ci tenterà, delizierà, incanterà come angelo di luce 
ma poi al buio soli ci abbandonerà. 
Torturandoci e poi consolandoci dando amore a comando e piacere a ore. 
E noi ingenui sognatori senza fiato ad attendere staremo. 
Finché non venga da noi e sorridendo ci chiederà la cosa più preziosa che avremo 
e se la doneremo allora sarà la fine, la nostra fine. 
Ci ucciderà o peggio diverremo come lui. 













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