(Dentro il racconto) Il ragazzo cronotopo
Questo Racconto è un fantasy in chiave moderna. Un anime shōjo. Vi racconta la storia, se vogliamo il mistero, del bambino che poi è divenuto uomo, che sapeva smolecolizzarsi. Sparire. Il racconto in sé è molto adolescenziale e romantico. una favola della buona notte che vi viene a raccontare che tutto può essere, basta credere nei propri sogni.
Perché Cronotopo? Dal sito una parola al giorno
ETIMOLOGIA composto delle parole greche chronos, ‘tempo’, e topos ‘luogo’.
Non sembra una parola molto amichevole, ma in realtà quando la conosci un po’ finisci per ritrovartela dappertutto. Le sue origini poi non potrebbero essere più illustri: nata dalla mente matematica di Minkowski, fu introdotta dal filosofo Bachtin nell’ambiente letterario, dove da allora felicemente risiede.
Ora, spiegare nel dettaglio cosa intendesse Minkowski per ‘cronotopo’ vorrebbe dire scomodare la teoria della relatività, e per una letterata non è proprio il caso. Mi limiterò quindi ai cronotopi di mia competenza, che in realtà hanno a loro volta una duplice sfumatura.
Un cronotopo può essere infatti la precisa unità di spazio-tempo in cui è ambientata una narrazione; per esempio il paesino di montagna tra gli anni ‘20 e ‘30 che è descritto da Silone in Fontamara. Oppure può essere un luogo in senso generico, che implicitamente si associa a una certa idea di tempo; per esempio la strada, che ricorda lo scorrere della vita, o la soglia, che suggerisce un passaggio fra epoche diverse.
In entrambi i casi comunque si tratta di un luogo in cui tempo e spazio sono tra loro fusi, formando – scrive Bachtin – «un tutto dotato di senso e di concretezza. Il tempo qui si fa denso e compatto e diventa artisticamente visibile; lo spazio si intensifica e si immette nel movimento del tempo, dell’intreccio, della storia».
Ciò significa essenzialmente due cose. Primo: i cronotopi non fanno tappezzeria. Sono parte integrante della caratterizzazione dei personaggi e degli sviluppi di trama, tanto che entrambi cambierebbero se spostati altrove. Secondo: un luogo diventa un cronotopo quando ha un valore simbolico.
Per esempio lo spazio di Fontamara dà corpo a un’esperienza ben precisa di temporalità: qui la vita, spiega Silone, sembra «racchiusa in un cerchio immobile, saldato dalla chiusa morsa delle montagne e dalle vicende del tempo. Saldato in un cerchio naturale, immutabile, come in una specie di ergastolo».
Il motivo per cui mi piacciono i cronotopi, tuttavia, è che non sono solo una curiosità per critici eruditi. Quando due sposini attraversano per la prima volta la soglia della loro nuova casa, sentono che non si tratta solo di un confine fisico ma anche temporale. Oppure, quando dopo anni ci capita di visitare un luogo della nostra infanzia, è chiaro per noi che il tempo passato è entrato a far parte di quei muri, in qualche modo si è solidificato.
In questi casi realizziamo che il tempo non è qualcosa di astratto: è la quarta dimensione dell’ambiente che abitiamo. Per questo la lingua umana è spontaneamente cronotopica, cioè mischia senza ritegno lo spazio col tempo; per esempio diciamo di aver “preso strade diverse”, o di essere “sulla soglia” di un cambiamento importante.
Non a caso Calvino ha scritto che le città sono “la forma del tempo”, forgiate dai desideri e dalle paure di chi le abita. E per questo stesso motivo, come ama spiegare Baricco nelle sue conferenze, gli uomini sono così affascinati dalle mappe: disegnare una mappa non è solo un atto funzionale a orientarsi, ma significa cercare di ritrarre la forma del proprio tempo, il senso di una vita e di un’epoca. In questo senso, possiamo dire, ognuno è il cartografo di se stesso, e ogni passo che facciamo nella vita è un tratto di penna sulla mappa che andiamo disegnando.
Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/cronotopo
Quindi, il nostro Gianni viaggiava nello spaziotempo costretto suo malgrado da un impianto inserito quando era piccolo. Gianni stesso era un cronotopo di stesso a cui l'amore aveva dato un senso!
In verità, a parte il discorso dello spaziotempo che mi ha sempre interessato, il racconto me lo ha ispirato, molto banalmente un film, tratto dal un bestseller "La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo".
Il film parla della storia di Henry DeTamble è un librario che a causa di una rara malattia genetica si trova a viaggiare nel tempo tra passato e futuro. Il luogo e il tempo dei suoi viaggi straordinari sembrano dettati dal suo inconscio e il momento della partenza sembra essere legato a stati di stress. Clare Abshire è invece un'artista dalla vita tranquilla. Tra i due nascerà una storia d'amore apparentemente impossibile.
Il film completo su RaiPlay
https://www.raiplay.it/programmi/unamoreallimprovviso
Questa è invece una serie tv sky Un amore senza tempo – The Time Traveler's Wife mescola in sei episodi romanticismo e fantascienza raccontando la storia d'amore di Clare e Henry il cui matrimonio ha un problema piuttosto particolare: lui, infatti, ha una condizione genetica che lo fa viaggiare nel tempo. Solo che questi viaggi sono totalmente al di fuori del suo controllo. Scopriamo così che le loro esistenze sono strettamente intrecciate da svariati anni, precisamente da quando lei era solo una bambina convinta di avere un amico immaginario dal futuro. Crescendo, però, Clare si rende conto della realtà della situazione, fino a capire che un giorno incontrerà quell’uomo e dovrà essere lei a farsi avanti, perché lui non la riconoscerà. Diventerà così la moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo, e il suo matrimonio con Henry sarà una vera e propria sfida…
L'Intro del mio racconto
Quando conobbe precisamente Anita Latino non avrebbe saputo dirlo, un giorno comparve nella sua vita e vi restò.
Era tardi, il pomeriggio stava diventando sera, Anita correva verso casa quando lo vide, lì sotto il ciliegio, vicino al lampione, occhi bassi e uno sguardo triste, il più triste che Anita avesse mai visto dall'alto dei suoi dieci anni. Si avvicinò, non poteva far altro, qualcosa di lui la attraeva e quel suo dolore lo sentiva sulla pelle.
«Che hai, perché piangi bambino?» Sorrise, come rasserenato dalla vista di Anita.
«Mi sono perso.»
«Non puoi star qui, se viene buio poi, ti possono far del male» disse Anita.
«Portami con te»
«Io? Papà non vuole che porti a casa animali figuriamoci bambini.»
«Mi chiamo Gianni Gentileschi, piacere, ora mi conosci.»
«Piacere, io mi chiamo Anita Latino e abito qui di fronte.»
«Anita Latino, vuoi diventare la mia mamma?» Disse con quel dolcissimo sguardo da bambino, il suo viso tondo e gli occhi grandi pieni di gioia.
«Non posso Gianni, io non ho una mamma, quindi non so come ci si comporta in questo caso» rispose Anita pensierosa.
«Io sì, ma l'ho persa, non riesco più a trovarla» rispose Gianni triste ed Anita alla vista dello sguardo sperso di Gianni disse: «Ma qui in cortile? Al parco di fronte?» Gianni scosse la testa desolato. Per rallegrarlo Anita disse: «Mi ricordo solo una cosa Gianni, il bacio che la mia mamma mi dava prima di dormire» Con il dito indicò la fronte, era tutta seria ed Gianni la guardava attento e affascinato e questo ad Anita piaceva alquanto.
«Vieni su quella panchina» Gianni ubbidì.
«Ora chiudi gli occhi»
Gianni ebbe un sussulto.
«Io ho un potere Anita»
«Quale Gianni Gentileschi?» Anita pensava scherzasse.
«Se chiudo gli occhi, poi sparisco»
«Ma dai»
«È vero!»
«Allora fammi vedere»
«Non sarò più capace di tornare da te poi…» Gianni sospirò e chiudendo le occhi disse: «Non ti scordare mai di me Anita»
Lei gli diede un bacio sulla fronte, come faceva la sua mamma in un raro ricordo, allora lui disse: «Grazie Anita» e si smaterializzò in un secondo.
Gianni scomparve davanti a lei, davanti ai suoi occhi, che sulle prime applaudì, ma dopo, quando non lo vide tonare si alzò in piedi e guardando in cielo disse: «Allora era vero Gianni!»
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