Jolie Corona



L'ufficio di Sam sapeva di fumo e caldarroste, come il suo carattere paterno, ma spietato insieme. 
«È così che si manda avanti un giornale, ragazzo.»
Questa sarebbe stata la tipica frase di Sam Bonetti, caporedattore di Fatti&Misfatti, una piccola rivista giornalistica di fatti, quotidiani e faccende strane realmente accadute. 
Il giovane Axel, neolaureato con ottimi voti, non si sarebbe mai scordato la prima volta che lo vide. Si presentò nel suo ufficio, con il suo volto da bravo ragazzo, e Sam, un omone grande e grosso con la faccia tonda e quattro capelli dritti in testa, quando lo vide sputò per terra. 
«Tu chi diavolo saresti?»
«Axel Neri, piacere di conoscerla! Sono al suo servizio, signore, per qualunque caso di cronaca rosa, nera o paranormale lei mi voglia affibbiare.»
Sam contemplò i voti, i lavori precedenti e con la sigaretta in bocca lo fissò per parecchi minuti. Forse era il suo ragazzo nonostante la giovane età. 
«Tu credi nei fantasmi, Axel?»
«Credo in tutto ciò che le prove mi portano a credere, signore. Non do mai niente per scontato.»
Sam lo fissò senza rispondere, poi guardò la finestra girando la sedia. 
«Tu credi in Dio?»
«Sì, signore. Credo in un creatore e nelle sue inviolabili leggi, ma non credo nell'umana sentenza e nelle stupide utopie delle quali ci circondiamo da sempre.»
Sam approvò, con un impercettibile dischiudersi delle labbra in sorriso e un fermo sguardo di ghiaccio. Si alzò, prese un fascicolo e porgendolo a Axel disse: «Ti metterò alla prova, ragazzo. Dentro ci sono alcune informazioni sul soggetto su cui dovrai lavorare. Alcune voci dicono che sia un fantasma sanguinario, altri che sia un crudele killer, comunque, tu mi dovrai portare le prove che esista, un pezzo su di lei e poi parleremo della tua assunzione, ci stai? Accetti il tuo battesimo con il fuoco?»
«Sì, senza dubbio!» Si strinsero la mano ed Axel uscì dall'ufficio tutto contento. 
Sam rimase a contemplare la finestra che dava sul parco, qualcosa gli diceva che Axel era il ragazzo giusto, un po' come l'era stato lui tempo fa. Si rimise a lavorare, il tempo lo avrebbe detto. 

 Axel era seduto nell'atrio e fissava quell'unica foto sgranata che aveva nel dossier. Si trattava di uno specchio, attraversato da una scia. Sembravano dei capelli, corvini e guardando attentamente si potevano scorgere due macchie di colore scarlatto al posto degli occhi. Era ipnotizzato da quella foto, dentro di sé nascevano supposizioni su supposizioni. 
Nel dossier c'era pure un indirizzo, luogo in cui l'avevano vista l'ultima volta. Il 28 settembre alle 20:08 era apparsa in giardino davanti ad Alice Allegri, una bambina di otto anni, e le disse, stando a quanto detto dalla sua testimonianza: «Vuoi giocare con me?»
La bimba si spaventò e corse in casa chiamando la mamma Emma Allegri di trentasette anni, la quale quando uscì fuori per controllare trovò il cane morto. Il veterinario disse che era morto per soffocamento, ma che, in effetti, non c'erano tracce sul suo collo o abrasioni varie e ipotizzò uno strangolamento con un sacchetto di plastica, anche senza prove alcune. La foto dello specchio risaliva all'estate precedente e l'aveva scattata per sbaglio la vicina di casa Sara Mazza, ospite della famiglia Allegri, per poi mandarla al giornale come fenomeno curioso. La redazione del giornale l'aveva messa nel dossier sempre per via del ricorrente numero otto e per il fatto che casi come questo succedevano solo a ragazze con capelli castani che abitano in quella strada. 
"Quindi il fantasma c'entra qualcosa con questa via" pensò Axel alzandosi e tornandosene a casa. 

 Il giorno dopo Axel si alzò prestissimo; aveva pensato tutta la notte al caso, che ormai era diventato per lui un'ossessione. Era convinto che tornare lì lo avrebbe aiutato a riflettere meglio. 
Così fece. La via portava il nome di Giorgio Fontana, come dicevano gli appunti, e vi giunse tramite metrò, quando l'orologio del campanile segnò le ore otto di quel freddo mattino. Fissò la villa di gusto antico. 
Era disposta su due piani, più la mansarda che a giudicare dal colore delle tende, le quali svolazzavano dalle finestrelle aperte, doveva essere forse della figlia degli Allegri. Non si decideva a suonare il campanello, quando girandosi, notò una ragazza che aveva lo sguardo puntato anch'ella sulla finestrella. Aveva dei lunghissimi capelli color corvino dalle morbide onde e una pelle color alabastro. Quando lei si girò di scatto, lui si sentì imbarazzato ad averla fissata. Lei lo guardò con gelo e volse subito lo sguardo di nuovo verso la casa. 
Axel per entrare in conversazione disse: «Gran bella casa, non trovi?»
«Sì, peccato che non sempre ciò che all'esterno appare bello, lo sia anche dentro.» 
La voce della ragazza sembrò senza tempo, senza l'ombra di una normale emozione. 
Axel si fece più cauto e chiese: «Conosci la famiglia?»
«Banali, persone banali» rispose dopo un po' la ragazza con tono apatico. 
Axel prese gli appunti e dopo un po' domandò: «E Alice, la loro figlia, è pure banale?»
«No, Alice non lo è…» lo disse con un tale odio palpabile che per il nobile cuore di Axel era un po' ridondante. 
Axel, scrivendo le informazioni che lei gli stava dando, continuò: «La loro vicina?» Questa volta la ragazza rimase in silenzio e quando Axel alzò lo sguardo, due occhi color scarlatto lo fissarono senza sentimento e poi la ragazza disse gelida come il ghiaccio: «Perché lo chiedi a me? Il giornalista sei tu, o no?» Axel rimase senza fiato: Era il fantasma! Senza ombra di dubbio! 
Una voce proveniente dal cancello degli Allegri lo richiamò, ma appena si voltò il fantasma era scomparso. 
«Scusi, ma chi cerca lei?» Chiese un vecchietto che stava per uscire con il sacchetto della pattumiera. Axel si fece coraggio sfoderando il sorriso più cordiale che possedesse e chiese: «Oh, buongiorno! Mi chiamo Axel, lavoro per il Fatti&Misfatti, un giornale, lo conosce?» Il vecchietto passò oltre ignorandolo, quando fu di ritorno, disse, chiudendo il cancello: «Spazzatura! È solo spazzatura! Andatevene prima che lei vi trovi e ve la faccia pagare!» Un brivido attraversò la schiena di Axel, che non commentò. Dopo poco, le tende si scostarono e Alice lo guardò dalla finestra della cucina, aveva un viso tondo e colorito, sembrava una bimba simpatica. Perché mai lei la odiava così tanto? Mentre pensò di andarsene arrivò una ragazza bionda. Lo guardò ammirata. Lui si avvicinò sperando che fosse Sara Mazza, la vicina. 
«Sei Sara Mazza?» Chiese Axel sparando a caso. Ci prese. 
«Sì, sono io» rispose la ragazza. 
«Mi chiamo Axel e sono un giornalista.»
«Ah, sei qui per quel fantasma!» Sara scosse la testa e aggiunse: «Penso che lei voglia essere me!»
“Niente di più assurdo!” pensò Axel, però, su un punto ha ragione: il fantasma voleva essere al posto di Alice! Ma perché? E dopo ciò la salutò ringraziandola. 

 A casa, squillò il telefono, era Sam: «Ragazzo, hai scoperto qualcosa sul fantasma?»
«Sì, capo, qualcosa sì… ma troppo poco! Ci sto lavorando» rispose incerto Axel. 
«Ha colpito ancora!»
«Chi?» 
«Secondo te?! Lei! Pezzo di somaro!» Disse Sam sospirando rumoroso. 
«Dove e quando?» Axel era eccitatissimo. 
«Alla cava di San Vito, conosci? Manuela Lievito, ventisei anni, di…»
«Como...» Finì Axel al posto suo. 
«Conoscevi la vittima?» Domandò sorpreso Sam. 
«Era la mia fidanzata…» Dichiarò scioccato e in preda alla disperazione Axel. 
«Schifoso diavolo! Corri sul posto, ragazzo, la polizia è già lì!» E poi aggiunse con imbarazzo: «Axel se non te la senti, ti capisco…» Axel non rispose, si congedò dal capo e spense il fornello. Gli era passata la fame. 
Arrivò in un batter d'occhio alla cava; conosceva viuzze secondarie che pochi sapevano, men che meno la polizia. La vide e il sangue gli si addensò dal dolore. Era sdraiata, con i vestiti strappati e piena di escoriazioni, Il volto straziato dalla paura e gli occhi fuori dalle orbite; c'era sangue ovunque. Il Coroner stava dettando alla sua assistente gli estremi: ora del decesso: 8:00 circa del mattino. Giorno: 8 ottobre 2016. Morte per arresto cardiaco. Fratture varie a seguito delle ripetute cadute. Nessun segno di colluttazione. 
Era stata lei! Lui lo sapeva, ma non poteva provarlo, non sapeva neanche il perché. 
Gironzolò per la cava e trovò un ragazzo che piangeva in un angolo, seminascosto dalle rocce. 
Di nascosto Axel ebbe il coraggio di mettere il telefono in modalità registratore.
«È stata lei, vero? Che ci facevi qui?» Sparò a vuoto Axel, tanto valeva rompere subito il ghiaccio, il tempo stringeva. 
«È apparsa nel nulla, ero qui con Manuela e poi quella cosa ha cominciato a inveire, Manuela si è spaventata ed è scappata e quella la inseguiva finché non è caduta da quella rupe lassù ed è ruzzolata, dove l'avete trovata» Aveva le mani nei capelli e piangeva spaventato. Poi di colpo si alzò prese Axel per il bavero della giacca e disse: «Sei della polizia? Oh, mio Dio!» Axel rispose di no ed evitò di dire che era un giornalista e anche il fidanzato, che sarebbe stato anche peggio. 
«Che ci facevate qui?»
«Facevamo l'amore, era un tipo molto esibizionista e gli piaceva farlo qui, ma la polizia non capirebbe!» Axel ebbe un impeto di odio per quell'essere, ma ammise dentro sé che probabilmente era vero. Dopo poco aggiunse, senza capire perché non lo prendesse a pugni: «Non puoi stare qui, se giri quell'angolo e corri finisci sulla tangenziale est.» Il ragazzo lo guardò grato e ringraziatolo iniziò a scappare.  Axel rimase lì solo con suoi pensieri, quando una voce gli sussurrò nel silenzio irreale: «Axel scappa la polizia!»
«Perché l'hai fatto?» Chiese Axel inquieto, ma senza odio. 
«Chiamami Jolie! L’ho spiata, era una donnaccia scendiletto. Meritavi di meglio!»
Poi il silenzio avvolse di nuovo tutto, era sparita di nuovo. Una voce lo riportò alla realtà e anche lui iniziò a scappare verso la tangenziale Est. 

 Quando arrivò a casa, era stravolto. Si buttò sul divano e si svegliò per il telefono che stava squillando. Rispose controvoglia: era Sam, arrabbiato che gridava: «Ma dove cavolo eri finito?»
«A fare indagini» si scusò Axel, mica poteva dirgli tutto. Poi aggiunse: «Ho la registrazione, avrai il tuo pezzo domani»
«Complimenti» disse Sam e riattaccò senza salutare, ma Axel si stava già abituando al suo modo di fare. Lui voleva solo parlare con Jolie. 
Si mise in cammino e si diresse in via G. Fontana. Arrivò dopo un paio d'ore, erano le due e mezza di notte. La finestrella era illuminata, come pensava. Scavalcò il cancello, salì sull'albero e da lì fin sulla grondaia e si attaccò al parapetto, che per sua fortuna era abbastanza largo. 
Guardò dentro e vide quello che non avrebbe mai voluto vedere. Una ragazza dai capelli corvini e la pelle di alabastro dagli occhi scarlatti, che fissava la piccola Alice mentre dormiva. Jolie percepì subito lo sguardo di Axel e con la mano gli fece segno di avvicinarsi. La finestra si aprì e lui entrò. Poi Jolie fissandolo lo invitò al silenzio e chiuse gli occhi. 
La stanza cambiò forma e si trovarono su un colle, Axel non riusciva a capacitarsi, ma ormai tutto era possibile. Si girò verso Jolie che stava guardando l'orizzonte, sembrava in attesa di qualcosa. 
All'improvviso un esercito apparve davanti a loro. Axel cercò di scappare, ma fu fermato da Jolie, la quale disse: «Non preoccuparti, non sarai tu a soffrire.»
Axel notò un uomo che assomigliava tantissimo Jolie ma ad un certo punto, questi cadde trafitto con la spada da uno dei suoi cavalieri. Axel ne fu turbato e Jolie gli spiegò: «Quell'uomo forte e coraggioso che perse l'equilibrio e il suo scudo era mio padre. Era molto amato dal suo popolo tranne che da una persona. Prova a indovinare.»
Cambiò la scena e si trovarono davanti ad un castello. Anche Jolie era cambiata, aveva l'aspetto di una bimba di otto anni. Lei gli fece cenno di seguirla e dopo un po' di scale, si trovarono davanti a un grande portone di legno. Lei aprì lentamente la porta e la lasciò leggermente aperta in modo da poter far vedere anche a Axel. All'interno di quella stanza c'era una donna identica a Jolie, solo bionda, e un uomo alto e magro con cui si baciavano appassionatamente. A un certo punto l'uomo fu richiamato da uno dei suoi scudieri che gli riferì che il re era morto. Allora l’uomo chiese alla donna dove fosse il tesoro della famiglia Corona. Lui era il fratellastro di suo marito. Alla donna non piacque per niente quella domanda, cercò di liberarsi in tutti i modi dalla sua presa, e alla fine dovette per forza usare la violenza e gli diede uno schiaffo. L'uomo offesosi trasse la spada, la trafisse in pancia e dopo di ciò si diresse verso la porta. Jolie all'improvviso prese per mano Axel e lo portò di corsa dalla cameriera, che somigliava tantissimo a sua madre. Jolie spaventata riferì l'accaduto alla cameriera: «Mia madre è stata uccisa! Chiami le guardie!» 
La cameriera senza batter ciglio corse via, in cerca di soccorso. Jolie scomparve all'improvviso lasciando Axel da solo che decise di seguire la cameriera. Forse non fu una buona idea. La cameriera trovò otto guardie ma esse l’attaccarono e la colpirono ovunque in tutto il corpo. Axel ebbe un colpo al cuore. Vide in pratica sua madre morire davanti a lui. Ma qualcosa di più brutto doveva ancora arrivare. Le guardie misero a soqquadro la stanza e rubarono ogni sorta di oggetto prezioso. Due di loro si abbassarono per vedere se sotto il letto ci fosse altro da rubare e vi trovarono qualcosa di più prezioso, la piccola Jolie Corona. La presero per i capelli e lei cominciò a urlare disperata, senza risultato. Cercò di scappare, ma una guardia ebbe l'idea di trafiggerle la gamba. Lei svenne per il dolore. Axel voleva salvarla da tutto questo, ma non poteva. Lui al momento era come lei, uno spirito. Oh, quanto avrebbe voluto salvare quell'innocente bimba! L'uomo che uccise sua madre la trascinò per i capelli fino alle segrete. Jolie Corona aveva il volto tumefatto. Le guardie per svegliarla iniziarono a prenderla a calci. Lei per sua grande sfortuna si svegliò e fu assalita da quelle bestie che continuavano a sbraitare: «DOV'È IL TESORO? DOVE SONO LE RICCHEZZE DI QUESTA FAMIGLIA SCIAGURATA?» Lei rispose loro: «Io non lo so! Io non so niente!»
Non le credettero e continuarono a massacrarla. Il capo delle bestie si fece strada e con l'arma con cui prima aveva ucciso sua madre le trafisse gli occhi e dopo ciò le disse: «Parla, maledetta. Se parli, ti lasceremo in pace, ma se non dici nulla, non parlerai mai più. Scegli!» 
Jolie Corona rispose con fermezza: «Non ve l'ho detto prima, non ve lo dico adesso e non ve lo dirò mai!» Dopo che ebbe detto ciò l'uomo senza pensarci due volte la colpì in gola e una guardia, mossa a pietà, le diede il colpo di grazia per non farla soffrire ulteriormente. 
Axel lanciò un urlo di rabbia e non riuscì a trattenere le lacrime. In quel momento stava provando gli stessi sentimenti di Jolie. Non avrebbe mai immaginato che lei si fosse sentita così. Era tutto così difficile, triste e inimmaginabile. Quelle bestie scapparono ed Axel si trovò da solo con la povera Jolie morente, non riuscendo più a guardarla in quello stato, si accasciò a terra triste, chiuse gli occhi e quando li aprì, si ritrovò nella stanza di Alice. Il viaggio nel tempo era finalmente finito. Jolie era ancora stesa a terra, con le ferite rimarginate, e gli chiese: «Stai ancora piangendo, anche se sai che ormai è storia passata?» Lui, asciugandosi le lacrime imbarazzato, le chiese: «Che cosa posso fare per te?»
Lei, alzandosi e porgendogli la mano, disse: «Vai, racconta la verità e rendimi libera.» Lui, guardando Alice che dormiva serena, disse: «E come posso farlo?»
Jolie gli rispose: «Scrivendo quello che hai visto oggi sulla mia famiglia, sicuramente ti appoggerò. Tu sei il ragazzo che ho scelto» E nuovamente scomparve. 

 Axel aveva ancora tante domande da farle, ma decise di rispondere a esse più tardi. Tornò a casa e cominciò a adempiere alla sua promessa scrivendo prima un pezzo per Sam, in cui descriveva tutto ciò che aveva visto e sentito e liberava Jolie dalle accuse, e poi si dedicò alla stesura di un libro, dal seguente titolo: La famiglia Corona. 
Dopo pochi mesi quel libro ebbe successo e le accuse su Jolie furono cancellate. Ormai lei era diventato un mito da rispettare. 

 Axel si buttò sulla poltrona soddisfatto e chiuse gli occhi per addormentarsi quando davanti al suo naso apparve Jolie. 
Axel si mise a ridere e disse: «Non so come, ma ce l'ho fatta! È incredibile!»
Lei gli sorrise e disse: «Grazie di tutto, Axel Neri.»
Chiudendo gli occhi con un lieve sorriso gli diede un bacio sulle labbra e scomparve. Anche Axel chiuse gli occhi e a fargli compagnia c'era solo una brezza gentile che gli accarezzava il viso. 
Così si addormentò.

film completo
IL FANTASMA DI CANTERVILLE (1986) 

Audiolibro
Il fantasma di Canterville - Oscar Wilde

teatro
Teatro del Dodo - Il fantasma di Canterville (spettacolo Integrale)

colonna sonora







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