Lo strano caso della ragazza fantasma
Ed io che pensavo di essere di carne e ossa. Io che pensavo che se mi fossi punta sarebbe pur uscito sangue!! Ed invece no… perché? Perché sono la ragazza fantasma cari amici miei!
Come ci son divenuta? Grazie a lui ed a un sortilegio chiamato amore.
Ora vi racconto come son divenuta tale.
Al secolo mi chiamavo Mary e avevo 43 anni, avevo una mia identità e della pelle intorno ai muscoli a testimoniare che avevo pure un corpo.
Poi un giorno incontrai lui e da lì in poi senza accorgermene iniziai a perdere parti di me sostanzialmente fisiche. Fin dal primissimo incontro fu una andata via l'altra di capelli persi a ciocche. Pensai allo stress della vita.
Ad ogni suo saluto mi cadevano ciocche e ciocche, ma io non potevo pensare che fosse lui l'orticaria della mia cute. Ogni volta che sorrideva mi si svuotava il cervello e via ciocche. Ignorai volutamente e sostanzialmente il fatto perché il piacere era alto e non potevo farne a meno. Una persona così altolocata parlava con me. In quel momento anche se avessi intuito lo strano sortilegio non avrei scelto altro che lui. Senza capelli continuavo a giocherellare nei suoi cortili finché non iniziarono a sparirmi anche i piedi. A restringersi. Ed io non potei più andare al lavoro. Calva e paraplegica continuavo, però, a parlare e a chiamarlo con ogni scusa, nascondendogli, però, la mia situazione disagiata. Intanto i dottori non sapevano che dirmi per quel mio ritirarmi di piedi. Mi chiamavano la nuova Benjamin Button.
Ad ogni modo, persi il lavoro. Bell'affare. Comunque, non mi rimaneva che lui, pensavo. Ed io ero pazza di lui. Ma, più mi ostinavo a chiamare più perdevo denti ed infine mi si cancellò perfino la bocca. Mi si incollò ed io mi chiusi in casa disperata. Muta, calva e paraplegica, nonostante tutto, passai dal parlare allo scrivere per via digitale. Sui social. A mandare regali per fargli sentite la mia presenza. Finché uno per uno persi le dita e perfino il naso. Non ero che un viso tutt'occhi.
Vissi il mio dolore in solitudine. Nessuno sapeva e nessuno voleva sapere. Finii a nutrirmi via flebo all'ospedale. Disperata non sapevo come muovermi se non ché un giorno con l'aiuto delle braccia fregai il cellulare ad un dottore e non so come mi collegai dopo tempo che non lo facevo e gli raccontai il fatto per e-mail.
Dopo mi caddero le braccia e gli occhi ed al mattino ero trasparente come l'aria. Non ero proprio del tutto fantasma, mi rimanevano le orecchie anche se piccolissime e scappai via prima che se ne accorgessero. Mi diedero per dispersa e archiviarono il caso rimandando indietro, delusi, le truppe televisive.
Ormai trasparente potevo di nuovo esser capace di tutto. E lo andai a spiare. Nessuna reazione pervenne nel suo modo di vivere. Faceva le solite cose come se io non ci fossi mai stata. Scriveva nel suo solito modo malinconico le sue frasette sterili fini a sé stesse.
Capii perfino che a lui conveniva che io fossi divenuta un fantasma. Che lui infondo non aveva bisogno di una persona che gli TELEFONASSE DAVVERO. Che LO ANDASSE DAVVERO A TROVARE E CHE SE LO VEDEVA PER STRADA LO SALUTASSE DAVANTI A TUTTI. Aveva solo bisogno che qualcuna verosimilmente sincera lo pensasse e tramutasse in parole tutti i propri lo desiderasse.
Come ci son divenuta? Grazie a lui ed a un sortilegio chiamato amore.
Ora vi racconto come son divenuta tale.
Al secolo mi chiamavo Mary e avevo 43 anni, avevo una mia identità e della pelle intorno ai muscoli a testimoniare che avevo pure un corpo.
Poi un giorno incontrai lui e da lì in poi senza accorgermene iniziai a perdere parti di me sostanzialmente fisiche. Fin dal primissimo incontro fu una andata via l'altra di capelli persi a ciocche. Pensai allo stress della vita.
Ad ogni suo saluto mi cadevano ciocche e ciocche, ma io non potevo pensare che fosse lui l'orticaria della mia cute. Ogni volta che sorrideva mi si svuotava il cervello e via ciocche. Ignorai volutamente e sostanzialmente il fatto perché il piacere era alto e non potevo farne a meno. Una persona così altolocata parlava con me. In quel momento anche se avessi intuito lo strano sortilegio non avrei scelto altro che lui. Senza capelli continuavo a giocherellare nei suoi cortili finché non iniziarono a sparirmi anche i piedi. A restringersi. Ed io non potei più andare al lavoro. Calva e paraplegica continuavo, però, a parlare e a chiamarlo con ogni scusa, nascondendogli, però, la mia situazione disagiata. Intanto i dottori non sapevano che dirmi per quel mio ritirarmi di piedi. Mi chiamavano la nuova Benjamin Button.
Ad ogni modo, persi il lavoro. Bell'affare. Comunque, non mi rimaneva che lui, pensavo. Ed io ero pazza di lui. Ma, più mi ostinavo a chiamare più perdevo denti ed infine mi si cancellò perfino la bocca. Mi si incollò ed io mi chiusi in casa disperata. Muta, calva e paraplegica, nonostante tutto, passai dal parlare allo scrivere per via digitale. Sui social. A mandare regali per fargli sentite la mia presenza. Finché uno per uno persi le dita e perfino il naso. Non ero che un viso tutt'occhi.
Vissi il mio dolore in solitudine. Nessuno sapeva e nessuno voleva sapere. Finii a nutrirmi via flebo all'ospedale. Disperata non sapevo come muovermi se non ché un giorno con l'aiuto delle braccia fregai il cellulare ad un dottore e non so come mi collegai dopo tempo che non lo facevo e gli raccontai il fatto per e-mail.
Dopo mi caddero le braccia e gli occhi ed al mattino ero trasparente come l'aria. Non ero proprio del tutto fantasma, mi rimanevano le orecchie anche se piccolissime e scappai via prima che se ne accorgessero. Mi diedero per dispersa e archiviarono il caso rimandando indietro, delusi, le truppe televisive.
Ormai trasparente potevo di nuovo esser capace di tutto. E lo andai a spiare. Nessuna reazione pervenne nel suo modo di vivere. Faceva le solite cose come se io non ci fossi mai stata. Scriveva nel suo solito modo malinconico le sue frasette sterili fini a sé stesse.
Capii perfino che a lui conveniva che io fossi divenuta un fantasma. Che lui infondo non aveva bisogno di una persona che gli TELEFONASSE DAVVERO. Che LO ANDASSE DAVVERO A TROVARE E CHE SE LO VEDEVA PER STRADA LO SALUTASSE DAVANTI A TUTTI. Aveva solo bisogno che qualcuna verosimilmente sincera lo pensasse e tramutasse in parole tutti i propri lo desiderasse.
Aveva bisogna di me ma non voleva me.
Delusa mi ritirai nelle mie stanze interne. Non sapevo come far morire uno spirito già morto seppur pensante. Allora presi le distanze da quel dolore così pesante e mi dedicai a far cose che mi rallegrassero. Spiai gente che mi aveva voluto bene. Gente che non si era ancora rassegnata alla mia disgraziata malattia e meno che meno alla mia dipartita.
Mi crebbero le orecchie a sentire le loro conversazioni affamate d’affetto per me. E nella notte mi ricrederebbe il busto e gli occhi, rotolai fino al mio letto e mi misi dentro come se niente fosse successo. L’ospedale mi rimise la flebo, sollevato dal rivedermi e richiamò la tv ed io intanto aspettavo la Sua visita che sapevo già che era troppa fatica fare. Era troppo impegnato sul web per venire a trovare una amica o facente funzione di tale stato o stato simile.
Al mattino dopo mi crebbero le braccia, ma non potevo ancora parlare. Allora scrissi alle mie amiche e loro accorsero sincere anche se titubanti di quel mio stato metafisico. Evitai di leggere e di interessarmi di lui. Feci fatica, ma ormai il tarlo del "tanto era lo stesso" era radicato in me. Infondo, se voleva poteva far tutto ed invece non voleva anzi se ne fregava che era ancora peggio.
Cresciute braccia e piedi e capelli, naso e dita non rimaneva che la bocca, che c’era, ma non usciva alcun suono. Ma, spuntò anche quella quando una delle mie migliori amiche, compagna di tante avventure non mi disse: «Mi manca la tua voce»
Anche io volevo parlare, raccontarle. Piangere insieme. Questo bastò per ridare un suono alla mia voce e ridere insieme a lei. Quando se ne fu andata, mi alzai in piedi e tornai a casa senza dire niente a nessuno. Senza nessun’altra visita di controllo. Niente tv. Niente di niente. Non sarei divenuta un fenomeno da baraccone. Ero solo una ragazza innamorata. Tornai a casa come rinata, ma prima di aprire la porta di casa lo chiamai e gli dissi: «La ragazza fantasma è tornata, ma per te fai conto che sia morta»
Chiusi il telefono e aprii la porta di casa e una folata di vento fece alzare in alto i miei capelli, che mai nella vita erano stati così lunghi e lucenti.
Delusa mi ritirai nelle mie stanze interne. Non sapevo come far morire uno spirito già morto seppur pensante. Allora presi le distanze da quel dolore così pesante e mi dedicai a far cose che mi rallegrassero. Spiai gente che mi aveva voluto bene. Gente che non si era ancora rassegnata alla mia disgraziata malattia e meno che meno alla mia dipartita.
Mi crebbero le orecchie a sentire le loro conversazioni affamate d’affetto per me. E nella notte mi ricrederebbe il busto e gli occhi, rotolai fino al mio letto e mi misi dentro come se niente fosse successo. L’ospedale mi rimise la flebo, sollevato dal rivedermi e richiamò la tv ed io intanto aspettavo la Sua visita che sapevo già che era troppa fatica fare. Era troppo impegnato sul web per venire a trovare una amica o facente funzione di tale stato o stato simile.
Al mattino dopo mi crebbero le braccia, ma non potevo ancora parlare. Allora scrissi alle mie amiche e loro accorsero sincere anche se titubanti di quel mio stato metafisico. Evitai di leggere e di interessarmi di lui. Feci fatica, ma ormai il tarlo del "tanto era lo stesso" era radicato in me. Infondo, se voleva poteva far tutto ed invece non voleva anzi se ne fregava che era ancora peggio.
Cresciute braccia e piedi e capelli, naso e dita non rimaneva che la bocca, che c’era, ma non usciva alcun suono. Ma, spuntò anche quella quando una delle mie migliori amiche, compagna di tante avventure non mi disse: «Mi manca la tua voce»
Anche io volevo parlare, raccontarle. Piangere insieme. Questo bastò per ridare un suono alla mia voce e ridere insieme a lei. Quando se ne fu andata, mi alzai in piedi e tornai a casa senza dire niente a nessuno. Senza nessun’altra visita di controllo. Niente tv. Niente di niente. Non sarei divenuta un fenomeno da baraccone. Ero solo una ragazza innamorata. Tornai a casa come rinata, ma prima di aprire la porta di casa lo chiamai e gli dissi: «La ragazza fantasma è tornata, ma per te fai conto che sia morta»
Chiusi il telefono e aprii la porta di casa e una folata di vento fece alzare in alto i miei capelli, che mai nella vita erano stati così lunghi e lucenti.
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